Uno dei temi che mi hanno sempre interessato è quello relativo le capacità di adattamento dell’essere umano a ogni contesto possibile. Parlo del singolo, qualche cosa che mi riguarda peraltro personalmente nei miei tentativi di adammento alla vita che mi circonda, ma soprattutto dell’uomo inteso come specie. In tempi lontanissimi e remoti dal cuore dell’Africa abbiamo raggiunto e colonizzato ogni angolo del pianeta. Ci siamo adattati a vivere all’artico come all’equatore, sulle montagne come sulle isole nel mezzo dell’Oceano Pacifico. Ogni volta abbiamo dovuto affrontare delle sfide e superare gli ostacoli che ci venivano posti ma non ci siamo mai fermati davanti a nulla. Anzi: abbiamo adattato l'ambiente circostanze alle nostre esigenze e questo è successo anche commettendo molti errori. Questo è evidente. Ma forse per questo siamo ancora in tempo per tornare indietro. In ogni caso per queste ragioni ritengo che quando in un tempo lontanissimo dovremo lasciare la Terra, saremo pronti a staccarci da essa e continuare altrove l’esistenza della nostra specie. Che considero potenzialmente infinita.

Il tema della sopravvivenza e in particolare della sopravvivenza nello spazio o comunque su di un altro pianeta è storicamente sempre stato al centro della letteratura di fantascienza e costituisce effettivamente anche il tema principale di questo bel romanzo di E. C. Tubb (Edwin Charles Tubb, 1919-210) pubblicato nel lontano 1955 e intitolato “Alien Dust” aka “I pionieri di Marte”. Certo va detto come premessa fondamentale che questo romanzo, essendo stato scritto negli anni cinquanta, si può giustamente considerare scientificamente poco esatto: oggi sappiamo molto di più sul “pianeta rosso”. Possiamo benissimo dire che in qualche modo questo non abbia più segreti. Tanto è vero che la sua colonizzazione costituisce un tema di attualità all'interno della comunità scientifica e oggi più che ieri una vera suggestione che affascina concretamente chi sogna lo spazio e vede nello sbarco su Marte la prossima frontiera da abbattere nella storia dell'evoluzione umana.

Qualcuno potrà giustamente sostenere che il tema non sia originale: il pensiero va immediatamente a “The Martian Chronicles” di Ray Bradbury cosi come al più recente bestseller “The Martian” di Andy Weir. Ma l’opera di Tubb, uno scrittore classico del genere e che ha uno stile asciutto e privo di inutili artifici letterari, è sensibilmente diversa da entrambe. Manca del tutto la scientificità del romanzo di Weir, che ha compiuto un lavoro di ricerca importante per rendere la sua opera verosimile; non ci sono contenuti metaforici e tipicamente sociali nascosti come per quanto riguarda il romanzo di Bradbury. “Alien Dust” si propone infatti semplicemente di affrontare il tema della sopravvivenza e dell’adattamento dell’uomo a un contesto ostile e di come la sua ostinazione, la sua determinazione - apparentemente espressione di pochi, ma chiaramente congenita nel nostro dna - possano spingerlo a misurarsi con delle prove apparentemente insuperabili e condizioni di vita estreme. Chi sono allora i protagonisti di questo romanzo di Tubb? Persone normali. Voglio dire che non ci sono eroi nel senso stretto della parola. I protagonisti sono gli appartenenti a una piccola colonia fondata sul pianeta rosso nel 1995. Le vicende narrate come dei singoli episodi vanno da quella data fino al 2030. Sono storie di sopravvivenza in condizioni estreme e molto spesso anche brutali: come sa essere brutale la natura nei confronti dell’uomo e come questo possa egli stesso compiere atti e gesti estremi e che possono spaventare ma che contestualizzati appaiono in qualche maniera necessari per la sopravvivenza della piccola comunità.

Del resto non c’è pietà né comprensione per i coloni sul pianeta Marte. La Terra presto si disinteressa alla colonizzazione di un pianeta così poco propenso ad ospitare la vita e che appare invece essere inospitale e secondo molti un pianeta morto (una valutazione curiosamente non lontana da quella che viene oggi sostenuta da molti) a dispetto di altre mete considerate più idonee e anche proficue sul piano economico come Venere oppure la stessa Luna. Lasciati definitivamente soli e abbandonati a se stessi, i "marziani" alla fine non potranno che in qualche maniera decidere che invece di staccarsi dal legame con la Terra, sia necessario per la loro sopravvivenza invertire invece questo rapporto di forza, proprio mentre nelle sabbie del deserto inaspettatamente comincia finalmente a germogliare la vita.

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