Di tempo ne è passato dall'ultima recensione caricata su Debaser, oggi mi ripresento con un album che fino a due anni fa non mi sarei mai immaginato di recensire: I Don't Like Shit I Don't Go Outside di Earl Sweatshirt.
Ma partiamo dall'inizio, molti di voi si staranno chiedendo chi sia questo ragazzotto di colore con labbroni giganti e rime a non finire. Earl è balzato alla luce con il collettivo musicale hip-hop Odd Future (insieme ai compagni di merende ben più famosi come Tyler The Creator e Frank Ocean). Dopo aver pubblicato con essi un album e alcuni mixtape (fra cui ''Earl'') viene costretto dalla madre nel 2010 a frequentare la ''Coral Reef Academy'', scuola per ragazzi a rischio da cui fa ritorno con il suo album di debutto ''Doris''. Proprio dal suo primo album si possono comprendere le molte influenze sia letterarie che musicali da cui egli prende spunto. La sua è una musica riflettuta, tetra, quasi da ''camera'', freaky, satura di rime, farcita di beat ampi e bassi adatti ad una nottata in auto inseguendo una meta non ben definita. Una musica che non deve essere presa di cuore, bensì di pancia, musica viscerale che rimbomba nelle vostre interiora da ascoltare con occhi socchiusi. Il suo secondo album è un prosieguo delle grigie sfumature impresse in ''Doris'', ma è un album molto più personale, a partire dall'intera produzione gestita in maniera autonoma e con poche collaborazioni che invece costellavano le tracce del primo album. Il titolo stesso è una dichiarazione di intenti da cui traspare paura, depressione, ansia e claustrofobia a non finire sottolineata ad esempio da ''Grief''.
Earl gioca a fare l'Mf Doom infarcito di metanfetamina, e infatti liricamente può essere considerato fra i migliori della sua generazione, sciorina rime su rime con voce grave e monotona, come un pendolo che perennemente oscilla fra apatia e dolore. Le basi hanno come quasi in tutta la sua produzione una forte venatura jazz (tra l'altro collaborò con i BadBadnotGood in ''Hoarse'', una traccia contenuta in ''Doris'') e anche una forte influenza da parte di produttori come Flylo oppure J Dilla (come del resto tutta la scena hip-hop odierna). IDLS IDGO è un disco breve, una mezz'ora scarsa da ascoltare con il fiato sospeso e conseguentemente così sarà la mia recensione. Alla prossima.
P.s. il voto non l'ho messo intenzionalmente, non mi piace dare voti, ascoltatelo e non lasciatevi influenzare.
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