Un gran fermento di musicisti eccelsi, quello che si poteva trovare in ECM tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta. Ralph Towner aveva già dato alle stampe i suoi lavori più significativi, il quartetto europeo di Keith Jarret stava concludendo la sua esperienza, si scorgeva già il nascere di due astri che, pur muovendosi in direzioni diverse, avrebbero contribuito ad allargare il pubblico del jazz proponendo una musica di forti suggestioni e contaminazioni: Jan Garbarek e Pat Metheny. Di lì a poco Towner avrebbe portato i suoi Oregon in seno all'etichetta tedesca, e sempre sotto l'egida ECM muoveva i suoi primi passi un chitarrista misconosciuto di nome Bill Frisell...

Vecchie formazioni andavano disfacendosi e nuove formandosi, spinte dal desiderio di trovare nuova alchimie e combinazioni sonore. Il bassista tedesco Eberhard Weber era fortemente dentro questo movimento, in virtù delle molteplici collaborazioni con i musicisti citati, sempre apprezzato sia per il suo accompagnamento robusto ma raffinato, che per le qualità di solista, che per il suo suono potente ed inusuale, ottenuto su un contrabbasso elettrico a sei corde.

Siamo nel 1982. Immaginatevi di vedere riuniti in un unico disco il succitato Weber, leader di un progetto che riunisce il pianista Lyle Mays, ovvero metà del futuro Pat Metheny Group; il chitarrista Bill Frisell, ancora imberbe ma già dotato della sua personalissima voce strumentale; il fiatista degli Oregon, Paul McCandless, l'oboe più famoso del jazz. Alla batteria, forse il musicista che è rimasto più in ombra di tutti, ed ingiustamente, visto che Michael Di Pasqua è un drummer di tutto rispetto. Personalmente, quando ho visto tutti questi nomi in un unico CD ho cominciato a salivare come il proverbiale cane di Pavlov...

Dunque, si parte con "Maurizius", una composizione molto aderente allo stile ECM: una ariosa ma nello stesso composta ballata, venata di virile malinconia. L'atmosfera è gradevole e rilassata, Frisell dimostra di trovarsi a suo agio anche un contesto non particolarmente sperimentale, e McCandless infila un bell'assolo di sax soprano, ma fin qui nulla di eccezionale. Quello che è eccezionale sono i brani che vengono dopo, le lunghe suites "Death In A Carwash" e "Often In The Open", dove, sotto la direzione del bassista, il quintetto dimostra di saper condensare mirabilmente influenze tanto disparate, che musicisti tanto diversi portano ciascuno con sé, in una sintesi originalissima: ognuno, pur rimanendo se stesso, contribuisce a creare un sound che va oltre la somma, pur notevole, dei singoli talenti.

Le composizioni si sviluppano in un mood inquietante, quasi minaccioso, spesso sottolineato dal drammatico lirismo di McCandless, per poi allargare l'orizzonte in un limbo di elettrica attesa e tensione, e qui la chitarra obliqua e subliminale di Frisell fa la parte del leone; infine, risolvendo l'attesa in una limpida, cristallina cascata di note che riporta al sorriso, con un Lyle Mays in stato di grazia, finalmente libero di esprimere il suo pianismo gioioso e straripante come raramente nel suo gruppo gli è consentito di fare, arrivando a sfiorare momenti "free". Il leader sostiene suonando le note più "scure" e profonde del suo basso, e si ritaglia dei momenti solistici che, più che veri e propri assoli, sembrano dei punti di snodo tra un movimento e l'altro delle suites. Weber è un musicista che ha solide basi classiche, e la sua visione "orchestrale" è ben presente qui come in altri suoi lavori. Di Pasqua è batterista discreto e nel contempo fantasioso, e il suo lavoro ai piatti contribuisce a rafforzare il clima di attesa e tensione che serpeggia un po' in tutto il disco.

Chiude il disco la title-track, incentrata sull'assolo di basso del leader, che riprende in tono minore le tematiche sviluppate nelle composizioni precedenti, lasciandoci l'amaro in bocca per la breve durata del disco, e ancor di più, al pensiero che questa è l'unica incisione "ufficiale" disponibile del gruppo. Con ogni probabilità, ognuno dei musicisti coinvolti aveva degli importanti progetti a cui era già affiliato, per cui la band era destinata ad avere breve vita fin dall'inizio. Ma è un peccato, un vero peccato, non sapremo mai dove si sarebbe potuto spingere una formazione dotata di tali incredibili potenzialità...

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