Sei ad Atri, vicino al palco montato alla meno peggio in piazza. Sorseggi una Heineken dal bicchiere di plastica (sì quelli trasparenti anti-ubriachezza molesta che danno anche a campo de' fiori). Dopo la sorsata schiocchi la bocca e fai ahhh. La vita non ti gira per il verso giusto ma sai che potrebbe andarti peggio. L'aria notturna è estiva ma fresca, lampioni gialli, marmocchi scorrazzano, folla, sampietrini. Un vecchio campagnolo che sta per farsi pure lui qualche bicchiere di troppo sale sul palco, dice due cazzate e poi annuncia: eddimàrtin endetèxas bluskìns. Entra un tizio glabro sulla quarantina con gli occhiali da sole e la camicia leopardata. Una venerabile signora sui 60 (o con molte cose nelle vene oltre sangue e blues) infilata in un cappello texano che se tira vento se la porta via si posiziona di fianco a lui trascinandosi dietro un basso elettrico, mentre un vecchietto elettrico di 50 kili va a sistemarsi senza fretta dietro la batteria. Sorridi di gusto, prendi un'altra sorsata dal bicchiere di carta. ahhh. Il pelato sputa nel microfono un paio di frasi in cockney e comincia a suonare. "So excuse me for leavin.. i don't mean to be rude.. i'll just take one more drink and.. down the road..." Sbuffa, barrisce nell'armonica, ruggisce riff, è una massa informe e glabra di voce, armonica e slide che non le distingui quasi tra loro tanto sono amalgamate. La sezione ritmica è saggia e potente, la bassista ti sorride tra le rughe, le alzi il bicchiere.
Ho scelto il disco in questione semplicemente perchè è il migliore. anche il precedente Fires and Floods merita, anche se nessuno dei due regge il confronto con un live. Lo ha fatto un disco live, Play The Blues Damn It!, ma la qualità suono è pessima e per di più è registrato in giappone, con tutto il calore di pubblico che ne consegue.. Comunque i brani sono tutti originali, e i testi -cosa notevole per un bluesettaro oggigiorno- sono semplici ma non banali, niente paraculate ritrite tipo "woke up this morning", "my babe is gone", "she done me wrong" eccetera. Diretti, senza pretese poetiche. Il blues è pratica, non teoria. È vita, è adesso. Negli anni settanta i compositori di musica colta, i vari Berio e Clementi sono arrivati al silenzio come ultima forma di sperimentazione musicale. Musicisti che salgono sul palco e stanno fermi e zitti. Il compito inconsapevole del bluesman è di prendere questa gente per un orecchio, mollargli due sgannassoni dritto e rovescio e fargli ricordare di botto che non trombano da una vita.
Finisce il concerto, il tizio pelato è attorniato dalla gente che gli chiede un autografo. Devi andare a stringergli la mano, lo devi fà: "you got it, mate. you fookin got it" lui sorride di gusto e fa: "thawnk you myte. push on it". Non so esattamente cosa avesse voluto dire, ma sto ancora a spigne.
"you gotta find your natural thing. well people, if you do, oh life's gonna mean something"
Elenco tracce e video
Carico i commenti... con calma