Ormai era nell'aria da tempo che Eddie Vedder, leader dei grandissimi Pearl Jam, avesse intenzione di cimentarsi in una carriera solista parallela a quella col suo gruppo, e il suo grande amico Sean Penn gli ha dato questa possibilità. Infatti questo "Into the Wild" non è altro che la colonna sonora del nuovo film dell'attore-regista hollywoodiano. Il film narra la vera storia di un ragazzo che, dopo la laurea, abbandona la civiltà per inseguire il sogno della wilderness e si rifugia tra i ghiacci perenni dell'Alaska.

Nonostante sia una colonna sonora, gli 11 episodi che formano l'album sono delle vere e proprie canzoni, anche se oltre metà dei pezzi ha una durata al di sotto dei 3 minuti.. Da un certo punto di vista questo può essere visto come un pregio, poiché le varie canzoni scorrono via a meraviglia, fresche e immediate. L'album mette in mostra l'anima più folk di Vedder, sicuramente le influenze maggiori sono Neil Young e Bruce Springsteen, di cui Eddie, al giorno d'oggi, può essere considerato uno dei migliori successori. Si susseguono ballate ruvide e coinvolgenti ("Far Behind"), a volte melodiche (l'iniziale "Settino Forth") che si sposerebbero a meraviglia con l'immagine della copertina: viaggiare senza meta e senza preoccupazioni, attraverso un'assolata campagna a primavera, con il vento che ti scompiglia i capelli. "Rise" è eseguita solo con voce e banjo, e rappresenta uno dei momenti più minimali del lavoro, mentre il primo singolo estratto è l'epica "Hard Sun" (cover di Gordon Peterson, misconosciuto musicista pop rock della band Indio), che, impreziosita da un coro femminile, è l'unica canzone a ricordare in parte lo stile tipico dei PJ.

La seconda parte dell'album ha un mood più notturno e dimesso, a cominciare da "Society", il cui testo sembra ricalcare i pensieri del giovane protagonista: "Society, you're a crazy breed/ Hope you're not lonely, without me", continuando con la strumentale "The Wolf", secondo picco di minimalismo, solo tastiera e vocalizzi (ascoltandola mi vengono in mente i pellerossa intorno al fuoco). Chiudono "End of the Road", uno dei momenti più interessanti dal punto di vista musicale, e la rilassata "Guaranteed".

Magari se fosse stato un album normale, avrebbe in parte deluso, ma l'inserimento di quest'opera in un contesto filmico fa ovviamente cambiare i parametri di giudizio, e da questo punto di vista è una riuscita colonna sonora.

VOTO = 7.5

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