Non riesco a capire cosa sia, ma è una strana sensazione quella che provo non appena varco la soglia della Carling Academy di Bristol. E' il primo concerto che mi accingo a vedere in terra straniera, e non una terra qualsiasi, quell'Inghilterra da cui proviene molto di ciò che ascolto ed ho ascoltato, quell'Inghilterra che, guarda caso, è anche la patria del gruppo che sto per vedere: gli Editors. Insomma, la prima sensazione è quella di sentirsi in un luogo un po' strano, per non dire estraneo, ma un pregio comunque c'è: la Carling Academy è un locale non molto grande, uno di quei posti in cui dovunque tu stia, sei vicino al palco; un locale che da la giusta intimità per godersi un concerto.

L'esibizione del gruppo spalla (i Ra Ra Riot ) si sta per concludere quando entro in compagnia di un mio amico e di una birra, cercando una posizione più vicina possibile al palco. E allora, quando la fretta dell'arrivare è passata e tra te e l'inizio dello spettacolo ci sono solo una mezz'oretta, sette od otto file di persone ed una birra da gustarsi in tutta tranquillità, ecco, in quel momento la sensazione strana sparisce, e mi accorgo che un concerto come questo lo aspettavo fin da quando "Smokers Outside the Hospital Doors" (primo singolo del secondo fortunato album "An End has a Start") è entrata nelle mie orecchie e ci si è trovata così bene da invogliarmi ad ascoltare tutto l'album, e ad andare a ritroso nel tempo (due anni, non tanto) per ascoltare "The Back Room", opera prima del gruppo di Birmingham.

Mentre penso a tutto ciò le luci si spengono ed entrano gli Editors. Iniziano con la title-track dell'ultimo album "An End has a Start", pezzo dal ritmo veloce, non certo lento, ma è qui che mi accorgo della differente attitudine del pubblico inglese: fermo, immobile (per gli Editors non mi aspetto certo il pogo, ma nemmeno stare fermi tutta la sera), ogni tanto battono le mani, ma poco altro... fa eccezione uno sulla trentina, molto robusto, che scalpita e salta come un ragazzino, tra le smorfie di chi sta intorno a lui; il bello però è che lui se ne frega e continuerà a cantare e saltellare tutta la sera. La serata continua con "Bones", altro pezzo del secondo album, che per certi versi ha somiglianze col pezzo precedentemente suonato. La voce di Tom Smith è particolarmente calda e nitida, il terminale di un contorno perfetto: c'è poco da fare, gli Editors sono in forma smagliante, e sembrano prendere energia man mano che stanno sul palco.

Il concerto prosegue ritornando indietro nel tempo a "The Back Room" con canzoni come "Lights" e il singolone "Munich", toccando il massimo dell'emozione e del coinvolgimento nell'esecuzione del nuovo singolo "The Racing Rats". Tom Smith si stende sul pianoforte mentre canta, e nel momento in cui la sua voce deve far spazio al riff della chitarra, lui sale sul piano, accompagnando quel riff che sembra entrare per dire con la musica quello che le parole non possono più aggiungere. Ovviamente anche "Smokers Outside the Hospital Doors" è accolta alla grande, e li non rimane altro che chiudere gli occhi, seguendo il coro che sentenzia "We've all been changed from what we were, our broken parts left smashed off the floor" .

La conclusione è affidata a "Fingers in the Factory", al termine della quale le luci si riaccendono e poco lontano da noi si apre la porta: solo dieci minuti e il freddo umido Inglese riprenderà le nostre ossa. E mentre esci pensi appunto che hai visto quello che volevi vedere da un bel po', e che è stato migliore di quello che ti aspettavi. Ti tornano alla mente le voci di quelli che dicevano:"Sì, ma gli Editors suonano troppo come gli Interpol, la sua voce poi è uguale a quella di Michael Stipe in certi pezzi, a quella di Ian Curtis in altri"; e pensi che ognuno ci potrà vedere quello che vuole ma gli Editors, almeno secondo me, hanno una loro personalità, magari hanno influenze (ma chi non ne ha?) e vederli in sede live, ha rafforzato le convinzioni che già avevo.

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