Qualche giorno fa mi è capitato di soffermarmi su un articolo giornalistico a proposito di un certo Franco Simone, uno che si scopre aver frequentato il salotto di "Music Farm" l'anno scorso, di aver scritto una certa canzone di successo di nome "Respiro", e di essere riuscito ad ottenere piazzamenti di rilievo negli Stati Uniti. Un tipo che si dava, e credo si dia tuttora, certe arie, dicendo di aver profuso chissà quanto impegno nella stesura dei suoi pezzi musicali: la stoffa probabilmente c'è, anche se in minima parte, ma ciò che rimane di un simile personaggio è poco o nulla, una labile fama che spaurisce al confronto col successo di molti altri interpreti meno "impegnati"; Franco Simone è la dimostrazione vivente di come l'impegno sociale in musica non sempre paghi.

E a dire il vero nemmeno la presunzione paga. Tutt'altro.

Prendete Edoardo Bennato, prendete il suo "Sono Solo Canzonette" del 1980. Un disco illuminante. Illuminante perché in esso Bennato non si traveste da altri se non da se stesso. Dopo il successo di "Burattino Senza Fili" del 1977 il cantautore napoletano riprova con la parodia della favola, vestendo i panni non più di un indeciso Pinocchio, ma di uno spericolato Peter Pan d'avanspettacolo che fa e disfa secondo le sue direttive. Ancora senza fili, ma non più burattino, con un grado di libertà maggiore attribuitogli dalla possibilità di abbandonare il suolo terrestre.

"Ma che sarà, ma cosa ti offrirà/ Quest'altra storia, quest'altra novità" è l'incipit del primo brandello del disco, l'introduzione ad un ambiente fiabesco che invece di essere marcato, come nella norma avviene, dalla sospensione dell'azione in un imprecisato tempo remoto, si riferisce già alla realtà di azione cui assisteremo di lì a poco, con un dinamismo magnificamente messo in risalto dalle splendide evoluzioni al sax di Enzo Avitabile. Il nucleo del pezzo, centro focale inoltre dell'intero lavoro, è il contrasto "fantasia-ragione", dicotomia da collocarsi sullo stesso piano di molti altri binomi sinonimici dell'album, tra i quali "bambino-adulto", "cielo-terra", e "svago-impegno", tutti imperniati su una contesa che vede opposti rispettivamente Bennato e i "Draghi del Potere" di "Ma Che Sarà". Azione quindi in medias res con in primo piano le voluttà rock di Bennato: una scanzonata ballata pseudo-demenziale introduce la figura dell'antagonista, "Il Rock di Capitan Uncino" (quale altro titolo sarebbe stato più epesegetico?) sospeso tra chitarre sgraziate e cori alticci, pezzo di antologia in cui Edoardo si diverte e sa far divertire. "Veri pirati noi siam!/ Contro il sistema lottiam!/ Ci esercitiamo a scuola/ A far la faccia dura/ Per fare più paura!/ Ma cosa c'è di male/ Ma cosa c'è di strano/ Facciamo un gran casino/ Ma in fondo lavoriamo per Capitano Uncino": goliardia prima di tutto, potere al divertimento. Cinque minuti e oltre su un registro sonoro di qualità, ottimo esempio di trasfigurazione in musica del carattere contenutistico. Le belle divagazioni al flauto di "Nel Covo dei Pirati" spezzano quindi il ritmo, offrendo l'attenzione alla Wendy del Peter Pan di Barrie, con una delicatezza tanto patente quanto credibile, caratteristica di un repertorio bennatiano che trova i suoi precedenti in pezzi come "Venderò" (1976) e "Quando sarai grande" (1977). Da Capitan Uncino al fido scagnozzo Spugna il passaggio è breve, e la successiva "Dopo il liceo che potevo far" oltre a introdurre efficacemente l'impacciato marinaio, conferma con grande soluzione di continuità il già accennato divertissement. Cambio di lato, e di registro: l'ormai celebre "L'isola che non c'è" rimarca gli stessi concetti di "Ma che sarà" evidenziando la corrispondenza tra immaginazione e ragione da un lato, tra razionalità e torto dall'altro. "E ti prendono in giro/ Se continui a cercarla/ Ma non darti per vinto perché/ Chi ci ha già rinunciato/ E ti ride alle spalle/ Forse è ancora più pazzo di te!" sono i versi che capovolgono la logica secondo cui fantastico e irrazionale combaciano indissolubilmente. Una divertita ballata slow-rock ("Rockoccodrillo"), poi il magnifico duetto per Soprano e Baritono di "Tutti insieme lo denunciam" (magnifiche interpretazioni di Orazio Mori e Edith Martelli), ove Bennato non fa mistero di conoscere bene l'eredità musicale di Gioacchino Rossini. Un quadretto lirico ritagliato su misura per un album che sembra non volersi far mancare nulla.

E così, ecco finalmente arrivare il momento della title-track, il documento illuminante dell'intero disco, che fino ad adesso non ha, a dire la verità, chiarito bene i ruoli dei personaggi coinvolti: non ha chiarito soprattutto dove si colloca il personaggio Bennato. ebbene, eccolo finalmente in "Sono solo canzonette" Edoardo-Peter Pan, con spavalderia che è al contempo ammissione di modestia. Brano-verità in cui il cantautore napoletano contrappone se stesso alla maldicenza di chi si aspetterebbe da lui "dischi impegnati", e parimenti la scanzonata verve di un Peter Pan alla stucchevole incredulità di chi non presta fede all'Isola che non c'è. "...Però a quelli in malafede/ Sempre a caccia delle streghe/ Dico: no! Non è una cosa seria!/ E così è se vi pare/ Ma lasciatemi sfogare/ Non mettetemi alle strette/ O con quanto fiato ho in gola/ Vi urlerò: non c'è paura!/ Ma c'è politica, che cultura/ sono solo canzonette!" Ecco come Edoardo la dice lunga su quello che la sua musica incarna: semplici canzonette che non hanno bisogno di fronzoli e slanci culturali, pezzi disimpegnati che si alimentano del solo desiderio di fare musica scevra da arzigogoli. È un Bennato sincero e verace, interprete estroso che nel fitto panorama italiano di cantautori "impegnati" ha il coraggio di dire ai critici musicali di accontentarsi del suo mestiere di semplice cantante. Altro che cantanti reazionari, altro che noiosi vaniloqui politicizzati, altro che stucchevoli filippiche. Tutt'altra cosa.

Sono solo canzonette, che vi aspettavate...!

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