"Ha problemi con la fede?", chiedeva lo psicologo Nanni Moretti all'appena eletto papa interpretato da Michel Piccoli in "Habemus Papam" (2011).

Ecco, qui c'é un decano che ha problemi con la fede, il papa se ne va all'altro mondo e al suddetto decano tocca organizzare, e celebrare, il conclave. Ma i cardinali hanno qualcosa da nascondere, non tutti, e alcuni sono convinti che si debba utilizzare il pugno di ferro contro i miscredenti (islamici, of course) e c'é una suora che sa troppe cose. Colpo di scena finale.

Impossibile dire di piú onde evitare spoiler vari, ma il succo é questo. Il film é tratto dall'omonimo romanzo di Robert Harris datato 2016.

Berger, il regista, ha mano facile quando deve ricostruire l'aria, oggettivamente, pesante del conclave, tra misure di sicurezza impressionanti e cardinali con le fregole, concentrandosi su particolari apparentemente inutili ma efficaci (le sigarette consumate e lasciate a marcire in terra; i tortellini amorevolmente preparati dalle suore per i cardinali in "clausura") e può contare sull'ottima interpretazione di Ralph Fiennes, decano oppresso dai dubbi che non vuole diventare Papa ma vuole sceglierne, almeno, uno all'altezza.

Tolto questo, però, sbaglia tutto. La narrazione é fin troppo lenta e involuta se lo si prende come un thriller, involontariamente comica in alcuni momenti, spigolosa laddove sarebbe servita piú leggerezza. E la direzione degli attori lascia a desiderare: Angelo Bellini/Stanley Tucci é sotto tono e monocorde, quella di Tedesco/Sergio Castellitto esagerata e caricaturale, senza contare i colpi di scena distillati col contagocce dopo oltre un'ora di film.

Un film blockbuster cotto e servito per Natale sulla scia di "Angeli e demoni' ma senza brio e con pretese di verosimiglianza fastidiosissime (c'é pure un attentato, figuriamoci) che non scava a fondo né nelle dinamiche interne dei rapporti di forza della Chiesa, limitandosi ad una banalissima contrapposizione tra modernisti e tradizionalisti, e che nemmeno prova a capire, o tentare di capire, ciò che significhi perdere la fede, ritrovarla e ancora smarrirla.

Alcune figure, inoltre, sono lievi e superficiali, si veda il cardinale simoniaco interpretato da un redivivo John Litghow o la suora che ne sa pure troppo impersonata da una irriconoscibile Isabella Rossellini, che se Uno se la ricorda ai tempi di "Velluto blu" manca poco che svenga. Il finale (no, svelarlo proprio no) ha però tutto il profumo, meglio l'olezzo, del progressismo piú scadente a cui, in fondo, dispiace poco abbracciare il tradizionalismo militante.

La fotografia é curata ma, insomma, se ne sono viste di migliori, le scenografie buone (nonostante qualche errore circa i personaggi dipinti nella Cappella Sistina, la computer graphic a volte non fa miracoli, cosí stiamo in tema) e una buona ricostruzione del Vaticano alla Reggia di Caserta (il Vaticano, si sa, non permette riprese di nessuno tipo a meno che non siano di tipo documentaristico e iper selezionate).

Un film perfetto per passare due ore a sgranocchiare Pop corn, in forte odore di bufala. Il cinema alberga altrove.

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