Ci sono periodi nella vita dove tutto sembra procedere per il verso sbagliato, dove sono soprattutto le tue idee e le impressioni a remarti contro; ma ce ne sono altri, dove veramente tutto va per il verso opposto a come vorresti.
La speranza è che per entrambi i momenti alberghi nascosta da qualche parte la salvezza, la svolta, quella che in prosa è conosciuta come l’uscita dal tunnel. Ma il primo è soprattutto una condizione mentale, la percezione di quando si avverte che nella vita tutto stia procedendo “contro” altro non è che una malsana idea, certo può lasciare strascichi fastidiosi, ma il più delle volte ce se ne esce rafforzati e con una esperienza in più.
La seconda condizione invece è più dolorosa, perché si impossessa della vita reale, la travolge come uno tsunami e quando passa nulla è più come prima e non potrà mai più esserlo, e questa è vita vera, ed è la vita descritta in questo disco.

Più o meno tutti ci siamo trovati a vivere qualche giorno immersi nella depressione, nella riflessione profonda dell’infelicità mentale e in qualche modo, magari con l’aiuto di un amico, di un libro o di un nuovo amore, ne siamo usciti. Ma è il secondo caso, quello travolgente, che ci fa male e che molte volte ci cambia così tanto da stravolgerci la vita per tutti i giorni a venire. Spesso anche io mi son trovato a combattere con la noia e la solitudine, con quel po’ di sfiga che fa piangerti adosso, ma che in definitiva ti aiuta a rafforzarti nelle tue piccole convinzioni. Sono ormai giorni che vivo tra i perché, le cui risposte tardano anche a venire, ed in questi ingrigiti giorni è la casualità che mi ha fatto incrociare questo disco, e da quel mentre esso sta ossessivamente accompagnando le mie giornate, in macchina, in libreria, a casa o sul mac, ovunque io sia lui suona.
Era inevitabile che entrandomi così tanto sottopelle, mi facesse riflettere a lungo quanto l’autore si fosse tante volte trovato a vivere nella dolorosa condizione di quando tutto, ma proprio tutto ti rovina veramente contro, distruggendo in breve tempo tutto ciò che hai, che sai e soprattutto che sei.

Il conflittuale rapporto con un padre che fu tanto genio della fisica quanto amante dell’alcool, la solitudine e il dolore incontrati nella morte prima della madre per un implacabile cancro e poi della sorella suicidatasi, avevano già trovato sfogo nei temi del precedente “Electro-Shock Blues” (1998), ma qui ritornano con prepotente evidenza e con un nuovo e sorprendente meraviglioso messaggio di salvifica speranza futura.
La grandezza di quest’opera, due cd con 33 canzoni, sta nel suo essere a tutto tondo il compendio della vita, dalla sofferenza dell’abbandono e della morte, fino alla fede in una speranza di una via d’uscita dal dolore e che nonostante tutto il domani possa essere comunque degno di essere vissuto e forse migliore.

Mi sveglio presto la mattina/ non importa quanto fossi deluso del giorno prima/ ora è tutto nuovo
(...) “Faccio alcune cose stupide/ ma il mio cuore è al posto giusto/ e questo so” (...) “Ho un cane, lo porto fuori per una passeggiata/ e a tutte le persone piace dire ciao/ sono sempre stato sul bordo del marciapiede/ sto imparando a dire ciao senza troppi problemi/ sto crescendo proprio come mio padre/ sebbene avessi giurato di non volerlo/ ora posso dire di provare amore per lui” (…) “Sento come se fosse qui con me adesso/ sebbene egli sia morto/ non è né tutto brutto né tutto bello!” (Things the grandchildren should know)
Io non ero un figlio di puttana/ babbo era un ubriaco/ una persona molto spiacevole/ addormentato sul pavimento/ proprio in mezzo all'uscio di casa” (…) “Nonna mia ha imbrogliato/ diceva che i tempi erano sereni/ diceva che non ero un figlio di puttana/ inginocchiato su me stesso/ pregando Dio perfavore... ” (Son of a bitch)

E' grazie alla forza di frasi come queste che io trovo la forza per superare tutte le mie meschine debolezze, quando sento che c’è chi al mondo crede ancora nella vita pur avendola dovuta affrontare così in salita.
Avrei forse dovuto parlare della musica, delle collaborazioni con Tom Waits e Peter Buck dei REM, delle ballate rock, del blues, del country o del pop, degli archi struggenti e degli assoli di piano che si sentono in questo disco, od ancora della sua lunga gestazione iniziata nel 1997 e solo oggi portata a termine; ma quando ho colto la profondità d’animo che sta dietro quest’opera, una lunga suite concettuale fatta d’amore ed odio per la vita, tutti i discorsi sulla musica mi son sembrati di inutile vacuità.
Insieme all’Elliott Smith di “From A Basement On The Hill” il paradigma dell’artista che in un caso soccombe e nell’altro vince il male di vivere.
Per me un Capolavoro d’arte e di vita!

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