Ci sono film seri e impegnati, che mettono in scena drammatici o anche tragici eventi di attualità e/o trattano profonde questioni morali e filosofiche e richiedono una costante attenzione dello spettatore. Poi ci sono quei film che invece chiedono solo che si spenga il cervello per 90 minuti o giù di lì, che si prenda un bel secchio di popcorn glassati e ci si rilassi divertendosi. Ci sono infine alcune pellicole che vanno ancora oltre, cioè sono delle cagate fragorose e sono pure consapevoli e orgogliose di esserlo. È in quest'ultima categoria che rientra Il Clown di Kettle Springs, anche se io preferisco di gran lunga il titolo originale, Clown in a Cornfield.

Cosa pretendere da un film che si chiama letteralmente clown (ovviamente malvagio) in un campo di mais? Chiaramente nulla, se non una serata di spasso a suon di gore e di un omicidio più soddisfacente dell'altro. In realtà il film è tratto da un libro che, lo ammetto, non ho letto, e pare sia superiore e non di poco. Il regista Eli Craig, però, figlio dell'illustre attrice Sally Field, non c'è niente da fare, dev'essere uno spiritosissimo cazzone, e gli devono piacere i film horror che fanno arricciare le labbra e si prendono per il culo da soli, un po'come il suo "capolavoro" Tucker & Dale vs Evil.

Sarebbe inutile dilungarsi troppo sulla trama: dopo un tragico evento familiare, Quinn e suo padre si trasferiscono nella piccola città di Kettle Springs, Missouri, il solito buco di bifolchi legato a doppio filo a un'industria che produce sciroppo di mais, la Baypen, dove pare non succedere mai nulla, al di là delle goliardate di un gruppetto di teenager, finché a un certo punto la mascotte della fabbrica, il pagliaccio Frendo che dispensa a piene mani jack-in-the-box, non inizia a scannarli. A dire il vero, nel film ci sono alcuni elementi meno superficiali, come la relazione problematica tra Quinn e il padre Glenn e il rapporto tra la protagonista e il rampollo - futuro padrone del villaggio - Cole, oppure il misterioso Rust, ma sono eccezioni in un trash consapevole e scanzonato: il clown, gli adolescenti, e indovinate chi è il primo a morire? Bravi, il nero. Pochi pensieri, poca logica, voragini nella sceneggiatura, sviluppo dei personaggi praticamente pari a zero: una pupazzata i cui momenti salienti sono gli omicidi, messi in scena davvero bene. Discreta anche la recitazione; non conoscevo gli attori più giovani (bravetta la protagonista Katie Douglas), però conoscevo Will Sasso, che c'è e per davvero, e soprattutto volevo gustarmi il leggendario Kevin Durand, grande mestierante ingiustamente sottovalutato. Un'opera dunque da sciropparsi senza nessuna pretesa, magari per una serata tra (giovani?) amici; in effetti, a un certo punto c'è anche un pippone-panegirico sulla generazione Z che stonava e non mi è piaciuto, ma sono dettagli. Segnalo infine che la premiere di Clown in a Cornfield si è tenuta al South by Southwest.

Film dimenticabile? Sì, ma riesce dove non riescono non pochi filmoni moderni: intrattiene.

Carico i commenti...  con calma