Con un contratto che ti obbliga a pubblicare almeno due lp l'anno è facilissimo perdersi in una carriera che tristemente volge verso limbi sicuri caratterizzati da ripetuti clichè.

E' quello che succederà a Elton John per gran parte degli anni '80 e che si ritrova già anticipato in alcuni lavori, in parte pallidi, dei '70. Gli anni '80 che si perderanno negli orribili "Ice On Fire" ('85) e "Leather Jackets" ('86) si aprono con uno dei dischi dai titoli sicuramente più curiosi, "21 at 33". Il titolo cita il numero di lp pubblicati fino a quel momento, ventuno, e l'età del compositore, trentatrè, ed è uno dei lavori più equilibrati di John. Decisamente piacevole e facile nell'ascolto "21 at 33" si fa subito piacere per alcuni brani di sicuro impatto che ne impreziosiscono la carica complessiva, l'apertura con la brillante "Chasing The Crown" è l'inizio giusto con toni briosi e ballabili. "Little Jeanie" è la ballata un po' zuccherosa che non delude quasi mai, soprattutto affascina il finale con l'intervento dei controcanti femminili a ricamare un delicato impasto sonoro. Il brano di maggior impatto è la magniloquente "Sartorial Eloquence" che si aggiudica un meritato posto tra i migliori brani dell'autore britannico; "Two Rooms at The End Of The World" e "White Lady White Powder" sono altri due pezzi gustosi e sbarazzini. Il resto dell'lp rimane su sentieri godibili come dimostra l'intensa "Dear God".

Registrato a Nizza con un gran numero di musicisti e con testi di Taupin e Osborne alla fine "21 at 33" non delude e Elton John dimostra di poter aprire la nuova decade con un lavoro buono in grado di anticipare prodotti futuri magari di ancor maggior spessore artistico. Con il successivo "The Fox" ('81) Elton John si manterrà sui livelli di "21 at 33", con "Jump Up" ('82) realizzerà un prodotto venduto ma poco interessante e con la pubblicazione di "Too Low For Zero" ('83) ritornerà apprezzabile, poi il crollo traumatico e a tratti decisamente imbarazzante. 

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