Vedendoli così diversi nelle foto all'interno del booklet, il vecchio canuto sembra appena sceso da uno yacht, ti chiedi una volta in più cosa può aver spinto due artisti così diversi per indole, background, pubblico di riferimento a collaborare, a scrivere gomito a gomito delle canzoni, a scambiarsi con fiducia e generosità i segreti della loro "alta cucina". Se escludiamo strategie commerciali, i due non ne hanno certo bisogno, si può pensare alla stima reciproca, che del resto li aveva già fatti incontrare tre anni prima, non di persona, per scrivere a quattro mani un brano della soundtrack del film "Grace Of My Heart", "God Give Me Strength", inserito in chiusura anche in quest'album. Non credo, però, che la semplice ammirazione fra i due possa  da sola spiegare il perché della formazione di questa "strana coppia".
Il titolo scelto "Painted From Memory" ("Dipinto dalla memoria") può darci dei suggerimenti, può aiutarci a chiarire i legami forti ma meno evidenti che intercorrono fra i due. Volendo rimanere nell'elegante metafora scelta, potremmo dire che i due sono entrambi dei grandi "pittori", capaci di rappresentazioni che hanno come oggetto preminente le memorie, i ricordi. Non solo: li accomuna il modo d'illustrarli, quella capacità di dare un tocco di luce, anche laddove il buio, il dolore, la sofferenza prevalgono; e, viceversa, di immettere spunti di amara riflessione, di sottile ironia proprio quando l'araba fenice della felicità sembra aver, almeno per attimo, dischiuso le sue ali.

Nell'album i due si sono, in modo molto elastico, divisi i compiti secondo le loro attitudini: Costello, aiutato anche dalla sua inconfondibile voce di carta vetrata, inserisce note malinconiche e graffianti nelle solari e ariose melodie, tra le migliori espressioni del '900 "leggero", del compositore americano; Bacharach, dal canto suo, cerca di smorzare i toni più umbratili e cupi, non consentendo ad Elvis, com'è suo solito, di rigirare il coltello nella piaga. Ma non sempre i ruoli sono rispettati: nel brano d'apertura, "In The Darkest Place", entrambi contribuiscono a stemperare, ad inserire tinte più
tenui, a mutare il tono sempre drammatico della fine di un grande amore ( "In the darkest place / I'm lost / I have abandoned every hope / Maybe you'll understand I must / Shout out the light...") in sublime elegia. Che cosa, del resto, potrebbe rendere sopportabili dei troppo acuti dolori, certi frangenti, alcuni rovesci della sorte, se non lavorassero insieme il tempo, collocandoli in una più opportuna prospettiva, e la memoria con i suoi "tocchi" sapienti, con i suoi artifici, con quelle "pennellate", di cui i nostri sono maestri? Così si riesce a rendere accettabili delle troppo crude realtà, delle ferite altrimenti non rimarginabili ("In the darkest place / That is where you'll find me...").
Ecco, se c'è una costante in questi paesaggi della memoria, è che tutto riacquista  un ordine, per quanto precario, un senso grazie a questo gioco di colori, a questa indispensabile finzione. Il patimento così come le gioie vengono filtrati, lavorati fino a divenire materia di storie verosimili nelle quali potersi rispecchiare.
Dal punto di vista musicale il connubio è perfetto, anche se la debordante personalità del vecchio Burt prende il sopravvento negli episodi più riusciti ("Toledo", "Such Unlikely Lovers", "The Sweetest Punch"), con il suo classico tocco, con quegli arrangiamenti orchestrali e vocali misurati e fascinosi, modelli inarrivabili per generazioni di pop singer.
Del resto, per stessa ammissione di Costello, che mostra modestia pari solo alla bravura, "...quando il brano decolla, Bacharach ingrana una marcia che non conosco."
Nonostante questa riconosciuta preminenza, tutto il lavoro è contraddistinto da un mirabile equilibrio, da episodi fortemente ispirati , da un'attentissima cura formale che, però, com'è costume di questi due fuoriclasse, non sfocia mai nell'artificio, nella estetismo fine a se stesso.
I nostri ricordi sono come degli affreschi e conservano le loro tinte fresche ed intense solo per un breve tratto di tempo. Affidiamoli a dei restauratori capaci e fantasiosi come loro, senza chiederci se il risultato finale corrisponde ad un originale che ormai non esiste più.

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