Sentirlo mentre si apre sotto il nostro peso, mentre viene fenduto dal nostro grande coltello di legno. Sentirne i borborigmi ovattati e quel rumore di fondo profumato che non da mai fastidio. Sentirne il sapore sulle labbra bianche e raggrinzite per poi crivellarlo in maniera indolore quando decidi di farti cullare da lui. Il mare.

In Sicilia il mare detta legge e dona il pane, come per la provvidenza in una terra che tremava. E solo per questo va rispettato e temuto. Pregato per ottenerne i frutti e ringraziato quando di frutti ne riempi le sporte di corda da portare a casa. Mai maledirlo se sui banchi c'è poco o nulla. Potrebbe riservare brutte sorprese.

Ernesto vive di pesca con il nipote Filippo, orfano di padre caduto in mare. La sua vita non è ancora completamente sconvolta e verrà deviata in una tangente difficile da comprendere ed ancora più tortuosa da affrontare. Un primo indizio affiorerà proprio dal mare. Quel manto azzurro che tanto amano e in egual modo li fa dannare. Dal residuo di una carena ad un gommone di disperati. Non si abbandonano uomini in mare. Mai.

Alcuni si "introdurranno clandestinamente nel territorio dello Stato" e verranno acciuffati da una pattuglia operativa. Una donna incinta prossima al parto verrà furtivamente occultata in casa. Una perla nera nascerà tra lacrime e rabbia incentivata dalla paura. Tanto per gradire si inserisce anche lo zampino della Guardia di Finanza che porrà la famiglia tra l'incudine e il martello con un sequestro preventivo. Verranno sbeffeggiati a pesci a terra. Per nulla.

Con la pesca non si vive e si sfrutta il turismo. Si allestisce la casa per accogliere clienti che questo mare se lo sognano. Nordisti che scendono nell'Africa d'Italia. Un pò presuntuosi e diffidenti. Anche un pò stronzi. Aria condizionata? Macchè. Filippo si innamora di una turista milanese che ospita nel suo appartamento con due amici. Troppo lontani per amarsi. Al massimo un colpetto fuori casa col terrone ruspante per la milanese decisamente più sveglia ed estroversa. Ma quell'unica possibilità forse mai immaginata prima dal giovane lupetto di mare, diventerà un incubo mal celatamente seppellito da remate sui polsi e urla isteriche.

Un abbraccio forte, una lacrima nera ed una bianca. Un vestito adatto ed un telo per eludere i controlli. Sei mia sorella e non lo dimenticherò mai. La terraferma vi aspetta ma si raggiunge solo via mare. All'ombra di sigilli violati cavalcando quel mare così intenso che dall'alto sembra una dolcissima marmellata di prugne.

Emanuele Crialese torna a celebrare il mare con un cast che spazia tra il confermato e il collaudato. Filippo Pucillo si destreggia bene, con una recitazione fresca, spontanea, in un ruolo leggermente diverso da quelli interpretati precedentemente. Sempre con Crialese. Affascinante e bravissima Donatella Finocchiaro, nel ruolo della vedova. La sua bellezza semplice, ancora fiorente, sanguigna è il punto di forza del film. Ben gestiti i contrasti emozionali tra il sorriso forzato e la malinconia, tra l'amore sincero per il figlio ingenuo e quello paradossalmente e fondamentalmente più materno per la donna di colore. Tra la disperazione per l'ennesimo colpo basso subito e una forza sovrumana nel voler continuare. Mi ricorda il sorriso fiducioso di Giulietta Masina nelle "Notti di Cabiria". Coriaceo e verace Mimmo Cuticchio nel ruolo di Ernesto, per non evidenziare la bravura sempre crescente di Giuseppe Fiorello. La fotografia non è curata e geniale come in "Nuovomondo" ma ciò lambisce fortunatamente poco sulla metrica poetica dell'opera.

Premio Speciale della Giuria a Venezia e candidato all'Oscar. Ce la faremo?

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