La discografia pop fin dagli anni '60 è stata caratterizzata non solo dall'innovazione musicale, ma anche dall'esigenza di rendere immediatamente riconoscibile un prodotto anche dal punto di vista della grafica: copertine invitanti, spesso in tema con la scena musicale a cui il disco apparteneva, portarono presto alla creazione di sotto-etichette specializzate, allo scopo di prendere le distanze dalle proposte più mainstream. Tralasciando il caso della APPLE, leggenda beatlesiana che seppe gestire a dovere solo la materia prima dei Fab Four, sarà la Decca a inaugurare una label associandola ai nuovissimi virgulti post-beat e alla fiammante tecnologia stereofonica, la DERAM, Da allora le altre majors seguiranno a ruota, con la spirale VERTIGO, l'obliqua HARVEST, la botticelliana NEON e la CHARISMA da paese delle meraviglie, tutte icone del Progressive Rock per eccellenza. Il loro impatto si tradurrà nel riproporre la stessa strategia di marketing anche nell' Europa continentale, laddove il terreno fertile necessitava del concime adeguato, e la Germania si rivelò essere il granaio migliore. Nel 1970 i discografici della Basf diedero vita a un'amanita muscaria da giradischi, la PILZ, filiazione underground dalle grandi speranze commerciali, convincendo il noto musicologo ROLF-ULRICH KAISER ad assumerne la direzione artistica. In realtà l'etichetta pubblicò solo una ventina di album, con scarso riscontro di vendite ma alta qualità musicale e diversi capolavori, alcuni dei quali ancor oggi brillano di luce propria. 

La breve storia degli EMTIDI inizia con l'incontro di due figli dei fiori a Londra: DOLLY HOLMES, canadese, e MAIK HIRSCHFELDT, tedesco. Si trasferiscono presto a Berlino per esibirsi nei club come folk-duo, riuscendo anche a incidere un album su etichetta privata, esordio acustico non particolarmente interessante, ma essenziale biglietto da visita che li porterà dritti alla corte del Kaiser. E' qui che avviene la trasformazione: gli studi di registrazione del grande DIETER DIERKS, sorta di mecca dell'Avantgarde, del trip-jammin' e della spontaneità psichedelica, sono soffici cuscini dove adagiarsi e produrre indisturbati, con dietro il banco Herr Kaiser a illuminarli amorevolmente. Le registrazioni hanno esattamente 40 anni, un febbraio 1972 irripetibile... e qui il team sforna il capolavoro, il folk si disfa del suo involucro e si da ai posteri in veste elettroacustica dall'estremo bilanciamento tra sperimentazione e raziocinio. I ricordi della Swinging London si ritrovano semmai nei testi, infarciti di naivetè e che oggi possono far sorridere, sibillini e ingenui allo stesso tempo: "Don't sit on the grass, it's too cold for your ass!" ripetuta a due voci in WALKIN' IN THE PARK, serve esattamente allo scopo, e trasporta il brano da un suadente intro melodico a un susseguirsi di onde cosmiche sempre piu' veloci, contrappunti di phased-guitar che vorticosamente svaniscono. TRAUME è perlappunto un sogno, si snoda lievemente tra i vocalizzi purissimi della Holmes e le sue tastiere ipnotiche, verso lande sconosciute e appaganti, precedendo TOUCH THE SUN, grandissimo episodio dell'album e di tutta la scena tedesca contemporanea, difficile da descrivere a parole, le sensazioni vanno in alto spedite nei quasi 12 minuti: intro sognante, mistiche parole volano su un tappeto di tastiere ondulate, i vari cambi portano a viaggiare veloce fino a raggiungere il sole, e stupore nel poterlo toccare. Il finale è un magnifico ritorno a casa dopo l'esperienza, minuti meravigliosi con VCS3 e mellotron ad accompagnare mirabilmente, infine ci si risveglia su una spiaggia assolata, i gabbiani a darti il bentornato. Dopo tutto questo, LOVE TIME RAIN può apparire un'ortodossa ballata nella sua linearità, e in effetti qui c'è da sprecare il paragone con i compagni d'etichetta HOELDERLIN, meno avventurosi ma ugualmente grandissimi. SAAT, semina in tedesco, è un altra ballad, celebrante il rito della fertilità, il cui duetto sfiora la perfezione, e mantiene quella continuità che viene spezzata senza mezzi termini in DIE RIESE, lungo epilogo cantato in tedesco da Hirschfeldt con fare da commediante, anche qui il suono si evolve grazie a evoluzioni organistiche mai pretenziose, e che riportano l'atmosfera nei consueti canoni di cosmiche divagazioni di cui l'album è ricco nella sua sospesa integrità.

Forse questo duo non si rese conto dell'enorme spessore che permeava il disco, e l'incantesimo si spezzò subito dopo, col ritorno della Holmes in Canada e il peregrinare di Hirschfeldt alla ricerca di un valido discorso musicale, ma una partner del genere non si trova tutti i giorni... rinuncerà anche lui alla fine.

L'album è stato definito come primo e forse unico esempio di autentico Cosmic Folk, amato da collezionisti e onnivori dell'inclassificabile.

Per me rimangono gli Adamo ed Eva della sperimentazione elettroacustica

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