Mai distribuito nel circuito ufficiale dei vhs e dvd, Quattro mosche di velluto grigio è stato per diversi decenni il film meno visto di Dario Argento, alfiere del nostrano thriller all'italiana per buona parte degli anni '70, fin quando su internet non sono cominciate a girare alcune registrazioni del lungometraggio, tratte dal suo ultimo passaggio televisivo, avvenuto circa vent'anni fa.

Se DeBaser curasse anche le recensioni cinematografiche mi dilungherei parecchio sull'importanza del film e sul carattere, estremamente intrigante ed attuale, del suo intreccio, in cui Argento mette acutamente in scena, fra inseguimenti, violenze e delitti, le debolezze di un'artista e la crisi di una coppia, vero tema portante della storia.

Devo invece concentrarmi, giocoforza, sulla colonna sonora del film, scritta, come quelle dei precedenti film del regista romano, da Ennio Morricone, allora giovane compositore dalla vena sperimentale ed oggi acclamato maestro premiato con l'Oscar alla carriera. A differenza di opere analoghe, difficilmente apprezzabili se scrisse dalle immagini per le quali sono state concepite, la colonna sonora di 4MVG risulta estremamente godibile in piena autonomia, prescindendo dalla sua originaria funzione e destinazione.

Si tratta, infatti, di una serie di brani dalle interessanti inflessioni rock, blues e jazz, contraddistinti da una nervosa sezione ritmica che, apparentemente sottotraccia, colora le varie partiture conferendo loro un accentuato dinamismo ed un tocco d'ansietà. La maggiore parentela con il rock duro dei primi anni '70 si può cogliere nel brano d'apertura, destinato ai titoli di testa del film, in cui Morricone ripercorre con assoluta padronanza gli stilemi di certa musica dell'epoca (in primis Deep Purple), intrecciando chitarre, organi hammond, rullate di batteria e fughe di basso elettrico. Quasi a ricordarci il carattere anomalo di questo rock, il brano ha tuttavia improvvise pause, in cui emerge l'indistinto "rumore di fondo" di un sintetizzatore impazzito: qui l'armonia della musica sembra cedere il passo alle tenebre della mente umana, come ben evidenzia, del resto, lo stesso film.

Un particolare tocco melodico - simile, a tratti, alle sonorità della morriconiano "C'era una volta il West" - contraddistingue il secondo brano dell'album: una linea discendente del sintetizzatore si alterna con brevi interventi degli strumenti a corda, mentre delle voci si rincorrono intonando un canto malinconico e nostalgico, carico di pathos. Solida ed al contempo delicata la sezione ritmica, talvolta simile ad un battito cardiaco. Chi ha visto il film non può che associare questi suoni alla scena finale, fra le più dure - ed al contempo commoventi - del cinema argentiano, in cui la morte di un personaggio centrale della storia lascia attonito lo spettatore, portato a provare un senso di liberazione e pietà.

Vario e dinamico il terzo brano, che si divide in una prima parte simile ad uno sghembo valzer suonato dal sintetizzatore, per tramutarsi, nella seconda parte, in un bel jazz rock di marca pianistica, in cui tutti gli strumenti si intersecano con eleganza nel dipingere un atmosfera rilassata e quasi "freak", tipica dello stesso film e dei personaggi che lo animano.

Decisamente inquietante il quarto brano dell'album, ovviamente debitore della originaria funzione della colonna sonora: sintetizzatore, strumenti a corda, pianoforte, voci, percussioni e basso si rincorrono con studiata lentezza nel definire la psiche malata dell'assassino di turno, la cui presenza è ben percepibile nel continuo ansimare che fa da sfondo alle evoluzioni dei singoli strumenti. Non ricorso la destinazione del brano nell'ambito del film, ma l'idea centrale suggerita dal pezzo mi sembra quella dell'inseguimento: l'assassino segue la sua vittima, il passato dell'assassino insegue ed azzanna la sua anima facendogli rivivere sensazioni che pensava ormai occulte. Come in tutto il cinema del primo Argento i traumi del passato riemergono nel presente ed i vortici dell'inconscio permeano i destini di vittime ad assassino, in un eterno ritorno che attanaglia lo spettatore/vittima del regista.

Atmosfere rarefatte e sinistre contraddistinguono il pezzo successivo, dominato dalle tessiture del basso e dalle evoluzioni dei sintetizzatori: se il tema del precedente brano era l'inseguimento, qui la sensazione principale è quella della "attesa": l'assassino attende la sua vittima nell'ombra. Il sesto brano rivisita, inizialmente, il tema di "Come una madrigale", per implodere in un delirio di piano, archi e sintetizzatori fino all'implosione finale, segno della follia che aleggia su tutto il film. Il pezzo conclusivo torna a sonorità rock blues, maggiormente rilassate rispetto a quelle del brano d'apertura, con ripetuti fraseggi di piano, voce e chitarra, orecchiabili e raffinati.

In sintesi: colonna sonora all'altezza del film. Se non due capolavori, due esperienze da provare.

Ad A. & G. (w le stagionate… ).

Elenco tracce e video

01   4 mosche di velluto grigio (Titoli) (03:18)

02   Come un madrigale (03:41)

03   4 mosche di velluto grigio (05:53)

04   4 mosche di velluto grigio (04:40)

05   4 mosche di velluto grigio (08:52)

06   4 mosche di velluto grigio (02:17)

07   4 mosche di velluto grigio (02:11)

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