La ragazza sente il sangue gelarsi, si guarda intorno terrorizzata. Sa che qualcuno la segue, percepisce sul suo corpo uno sguardo che la spia crudele. Si sforza di correre per le strade stranamente deserte di quella città, nonostante la paura la paralizzi. Finalmente arriva alla porta di casa sua. Entra trafelata, chiude le finestre, si appoggia al muro, cercando di prendere fiato mentre comincia ad assaporare la sensazione di essere salva.

Non sa che l’assassino è lì che l’aspetta.

Ad accompagnare una simile scena ci si aspetterebbe un groove incalzante punteggiato da un basso ottundente o un “ostinato” ripetitivo ed angosciante, o al massimo qualche straniante effetto ambientale, insomma l’armamentario tipico di ogni buon commento sonoro per simili scene di tensione. E invece no: una voce isterica e concitata respira, deglutisce, affanna accompagnata da un piano atonale e convulso su un tappeto percussivo tribale ma sghembo, un basso secco e radi effetti di sottofondo e – cosa del tutto inusitata - senza nessuna variazione dinamica. Che roba è? Non è free jazz, neanche musica contemporanea, né di certo rock o funky; la musica non sottolinea o descrive gli avvenimenti (si pensi agli straordinari archi di “Psycho” che rendono alla perfezione il senso delle coltellate nella magistrale scena della doccia), ma spaventa – cavolo se spaventa – si attaglia con perfezione alle immagini, eppure vive di vita propria anche senza di esse.

Roba così la compone solo Morricone, “il genio che vive come un impiegato” , soprattutto nelle musiche meno conosciute per film horror, erotici o thriller i brani si lasciano andare ancor più del solito a sonorità forti, rumori, scricchiolii, fischi, sospiri, grida, chitarre distorte e percussioni ossessive. Musiche dissonanti e inquietanti ma bellissime. Ma anche negli scores più famosi non manca mai il coup de théàtre , sia l’uso di strumenti strani o desueti o il fischiettare la linea portante del brano o mille e mille altre straordinarie invenzioni.

Per uno come me che ha sempre creduto nella deformità mentale del genio, che ha distrutto giradischi e puntine per ascoltare messaggi subliminali incisi al contrario, che ha idolatrato ribelli senza causa e eroi bruciati nel fuoco della loro passione, per uno come me – dicevo – Morricone è sempre stato un mistero insondabile.

Ho spulciato a lungo tra le varie biografie, interviste, agiografie, monografie e quant’altro alla ricerca di qualcosa che mi spiegasse come sia possibile che un uomo così apparentemente ordinario sia in realtà uno dei più grandi geni musicali della nostra epoca: rivoluzionario, dissacratore, iconoclasta ma , perdio, così mostruosamente “normale”. Come è possibile che il suo unico gesto di ribellione sia stato licenziarsi – appena assunto – dalla RAI?

Ad un certo punto, dopo aver scoperto che lui – più che come compositore di colonne sonore – vorrebbe essere ricordato per le sue opere di musica sinfonica e “Alta” ho, per un poco, accettato l’idea che Morricone fosse come Petrarca: un noiosissimo pedante che mentre si affannava a comporre il suo dottissimo capolavoro in latino, quell’”Africa” sulla quale poggiava tutti i suoi sogni di gloria immortale, non si accorgeva che quelle poesie d’amore che si dilettava a scrivere in volgare per una donna già morta (o forse neanche realmente esistita) avrebbero fatto di lui il nostro più grande poeta.

Ma non è così, non può essere così: guardate una sua foto, guardate quello sguardo, guardate quegli occhi spiritati, quel sorrisetto ironico accennato a mezza bocca, quel suo controllato gesticolare………..

Quell’uomo nasconde qualcosa, quell’uomo ha un segreto, quell’uomo è inquietante, quell’uomo non è quello che vuol farci credere…………….

La verità su questo essere mostruoso (nel senso latino del termine) è ben nascosta tra le pieghe delle sue oltre cinquecento (dico 500!) opere, ma come si fa, chi può ascoltarle tutte? Ha persino co-composto e arrangiato “Se Telefonando” di Mina. Me lo immagino, come se la rideva con Costanzo…………..E’ un mostro vi dico, un mostro!

Allora, per cominciare, procuratevi le musiche per la “trilogia degli animali” (di quell’altra anima bella di Dario Argento); qui c’è tutto: ninne nanne allucinate, grooves selvaggi, chitarre metal (Argento per “4 mosche di velluto grigio” voleva i Deep Purple, che Dio lo perdoni!), fischi, rumori e melodie angeliche per la voce ultraterrena della Dell’Orso – la bellissima “Come Un Madrigale” sempre da “4 mosche di velluto grigio” – qui si anticipa tutto, siamo nel 70/71: l’industrial, la no wave, la “new thing” e tutta l’avantgarde e la musica atonale e free form precedente ed a venire con una libertà che solo alcuni tedeschi mostravano in quegli anni. Una bella idea racchiudere – purtroppo in modo incompleto, ma viene escluso davvero poco - i tre lavori in un solo cd, anche se le versioni singole cartonate con corredo di foto sono dei gran begli oggetti.

Non mi sfiora neanche il sospetto che chiunque stia leggendo queste pagine non abbia visto i tre film in questione.

Ascoltatelo tutto d’un fiato e poi ditemi se non ho ragione!

Ormai ne sono certo, lo so, ne sono sicuro: è un mostro.

Prima o poi riuscirò a dimostrarlo, scoprirò quale segreto malsano nasconde, quale demone lo possiede, quale fuoco inconfessabile consuma la sua anima.

Sempre che lui non scopra prima me.

E’ pericoloso.

Se dovessi sparire all’improvviso, se – ad un tratto – non dovesse esserci più traccia di Lector, saprete chi è stato.

(Magari giusto per ringraziarlo).

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