1991.

Donnie Vie

Chip Z'Nuff

Viky Foxx

Derek Frigo (R.I.P.)

John Frigo (padre di Derek, al violino)

  

L'imprescindibilità del caso.

Quando metti il vinile sulla piastra e dopo 15 secondi la testina ti ha già dimostrato con chi hai a che fare, devi solo riprenderti un attimo dal subitaneo shock. Poi acquisisci coscienza e capisci che tutta la cifra stilistica di un genere sta qui. Abbondanti avvisaglie c'erano già state con il disco omonimo di inizio carriera ma con Strength il discorso prende una piega così particolare e singolare che gli Enuff Z'Nuff non saranno neanche loro mai più in grado di replicare.

Strength è la rassegna del meglio del glam rock 80/90, la galleria delle meraviglie incartate nelle variopinte confezioni di chupa chups, la migliore espressione di un genere in cui confluiscono e si vaporizzano tutte le influenze che lo stesso ha generato e assorbito.

 

Spade che tagliano vene.

In apparenza fatti di zucchero filato, gli Enuff Z'Nuff saranno ancora oggi così coerenti con se stessi da non aver cambiato lacca negli ultimi vent'anni. Catalizzatori di glam rock a 360°, si fanno interpreti di uno stile di vita in maniera profonda. Sono decadenti, multicolore, aggressivi, rossetto e proiettili, ricercati e pieni di fronzoli. Amano apparire per quello che sono e non per quello che piace. Romantici come pochi, sono vittime di una malinconia cronica capace di imbrattare anche i loro pezzi più sfrenati. Sono la versione umana di un genere apparentemente disumano. Veri e proprio autodistruttivi di fatto. Per i loro vissuti li definirei la vera e propria spada nella roccia. A chiacchiere lo erano in tanti.

 

Sostanza stupefacente.

Strength è un frullato multivitaminico ad alto tasso di assuefazione, potenziale generatore di tossicodipendenza. Influenze street, blues, rock n' roll, retrò, oldies,  Beatles, hard rock, songwriter assemblate in una gommina masticabile da sballo che mi fa pensare ad una definizione sghemba: gum rock.

Un arcobaleno salta di traccia in traccia lottando contro un cielo inconsolabile che piange pioggia acida. Suoni burrosi e al frustino che però non osano varcare la soglia della violenza sonora perché puntano a qualcosa di diverso: farsi carico (vedere art work) di tutto il peso della pace nel mondo. Da "Heaven or hell" a "Time to let you go" non c'è spazio per pause, c'è spazio solo per l'immaginazione. Gli Enuff Z'Nuff non sono onirici ma potrebbero esser considerati dei visionari, che danno vita al sogno che ognuno di noi vorrebbe come ricorrente. Penetrazione complice ("Heaven or hell") o carezze sotto le lenzuola di lino ("Mother's eyes") si mescolano a lacrime amare di felicità ("Time to let you go") e spirito di contestazione anche un po' hyppie ("The world is a gutter"), passando per un prisma emozionale che non trascura niente, neanche l'alcolismo più colpevole ("Missing you"). Tutto il resto è enciclopedia del rock.

 

Fare cassa.

Forse neanche troppa, ma sicuramente questo disco ha consentito lunga vita ai pomiciosi Enuff Z'Nuff. Purtroppo la cassa, quella di legno, ha rivestito uno dei membri de gruppo, a sigillo di quanto (ahimè) dicevo. A lui dedico quanto ho scritto, non per la forma ma per la sostanza.

 

  

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