Di questo album si sta finora parlando quasi solo (ma era inevitabile) per l'unico inedito che contiene, il duetto rap "Desolato" con J-Ax, che spero possa far accostare qualcuno per la prima volta anche alle altre tracce.

Tracce non inedite (ma è come se lo fossero), interpretate e riarrangiate ex novo nel corso dell'ultimo anno di vita di Enzo. Sono canzoni jannacciane in buona parte antiche (di 40-50 anni fa in media; solo due risalgono rispettivamente al 1981 e al 1987); alcune all'apparenza esili e bozzettistiche, altre potenti e drammatiche come "Cosa importa", "La sera che partì mio padre" o "Maria me porten via". Tutte, credo, pressochè sconosciute ai più.

A parte, poi, c'è la cover da brividi di "Io che amo solo te" di Sergio Endrigo, artista di cui Jannacci in gioventù fu pianista.

Ho letto qualche articolo in cui si dice che Jannacci qui canta per la prima volta brani - rispettivamente - di Tenco ("Passaggio a livello") e di Milva ("Non finirà mai"). Macchè, li incise pure lui all'epoca. E soprattutto li scrisse lui. E' che quei vinili, mai ristampati su CD, li puoi trovare solo ai mercatini dell'usato.

Idem - irreperibilità totale, eBay a parte - per il resto degli album da cui son tratti gli originali di queste reinterpretazioni mature così toccanti, che danno profondità del tutto nuove - forse insospettabili - anche a istantanee giovanili dei primi anni '60 come "L'artista", "Il tassì" o "Un amore da 50 lire". Queste io le avevo sempre considerate con simpatia per quel dipingere ad acquerello i loro microcosmi di stralunata varia umanità, ma nulla più. Ora invece pare di cogliere quasi un burbero ma benevolo buffetto (autobiografico?) dato da Jannacci a quell'artista tanto obnubilato dal suo sentirsi tale da non accorgersi nemmeno di chi gli sta accanto con amore. O di cogliere una nota in più di consapevole malinconia in quel pensare a come la gente lasci in giro nei tassì (metafora della vita?) tante parti di sè, con tanta noncuranza, salvo poi avvedersi quando è ormai troppo tardi di ciò che si è perduto per sempre.

Quanto al brano inedito, ammetto che all'inizio "Desolato" mi ha lasciata un po' perplessa (ma migliora di molto, per me, non guardando il video). Non amo il rap ma alla fine la sincerità, la sintonia e l'affiatamento veri tra Enzo e J-Ax che promanano dalla loro jam session congiunta milanese incoraggiata da Paolo Jannacci quando Enzo era in vita son lì, da toccare con mano (no, questo non è un duetto registrato separatamente a distanza; tantomeno è uno di quei "duetti col morto", collage dal sapore vagamente macabro, ahimè sempre meno infrequenti). E quei "problemi di sporco ... anzi di unto. Però del Signore!" sono la zampata satirica DOC di un uomo tanto intelligente, poetico e sensibile quanto indomito, fiero e indipendente.

D'altra parte è evidente anche il fil rouge che lega - per i suoi contenuti - la stessa "Desolato" in modo particolare a un trittico di canzoni jannacciane anni '80, una delle quali, "Cosa importa", è ricantata in questo album. Le altre due sono "Se me lo dicevi prima" e "E allora ... concerto" (alla quale appartengono i versi, rivolti alle giovani generazioni, che Enzo - con voce rotta ma forse perciò ancor più maestosa - declama in apertura del singolo): tre canzoni, quelle, frutto del grande lavoro svolto in quegli anni dallo Jannacci medico con i giovani tossicodipendenti.

Poi c'è la lettera di Paolo Jannacci a Enzo nel libretto del CD, che è commovente e aiuta meglio a capire quanto tempo fa padre e figlio avessero iniziato a pensare a questo disco e come Enzo lo avesse fortemente voluto.

Gli arrangiamenti sono sofisticati e gustosi ad un tempo (bravissimo, come sempre, Paolo Jannacci in questo), con un bel po' dell'amato - da padre e figlio - jazz, ma non solo. E i musicisti son quelli fedeli (e bravissimi) degli ultimi anni.

Infine, anzi oltre e al di sopra di tutto ciò, a dominare la scena in ogni momento, c'è la voce di Enzo - a tratti stanchissima, a tratti ancora piena e tonante - che riporta mirabilmente alla luce queste perle tutte da (ri)scoprire. E lo fa commuovendo. Come nel finale di "La sera che partì mio padre" (quel tristissimo 29 marzo 2013, Venerdì Santo, non era Natale ma non c'è poi tutta questa differenza ...)

La sera che me ne andrò anch'io

io spero solo che sia Natale

perchè a Natale stanno tutti in casa

a mangiare e a bere

ascoltarsi parlare

La sera che me ne andrò via

diranno che dovevo andare

diranno che non vado a star male

ma io so già che là

non si sta così ...

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