Enzo Pietropaoli, musicista schivo e riservato, sapiente accompagnatore e fantasioso solista, per anni è stato il bassista di Enrico Pieranunzi, il pianista italiano che ha saputo meglio raccogliere e fare tesoro della lezione del compianto Bill Evans. Nello stesso periodo, coltivava però un lato "elettrico" come bassista di Lingomania. Queste due esperienze portate avanti in parallelo, sfociarono nel '89 nel suo primo disco solista, "Orange Park".

Qui Pietropaoli riunisce i suoi colleghi Lingomania, con Maurizio Giammarco al sax tenore e soprano, Umberto Fiorentino alla chitarra, Roberto Gatto alla batteria. Il ruolo del pianista è diviso tra due musicisti sopraffini, il citato Pieranunzi e Danilo Rea; quest'ultimo si occupa anche della parte più squisitamente elettronica della musica, avvolgendo spesso i temi in una nuvola di suoni sintetizzati, funzionale e mai invasiva. Come seconda voce fiatistica ecco un'altra stella di prima grandezza, il trombettista Paolo Fresu.

Un coro di voci infantili introduce il primo tema, lo scanzonato "Orange Park", dall'andamento che può ricordare alcune cose dei Weather Report. Fresu, dopo aver giocherellato con una tromba molto filtrata, eccellentemente contrappuntato da Giammarco al sax, cede il passo ad uno sghembo e gustosissimo assolo di Rea, memore di saltarelli infantili e nello stesso tempo gravido di echi "stride".

La successiva, romanticissima "Ramon", giocata su un tenue loop di sequencer, dà modo a Pietropaoli di illustrare la totale padronanza del suo strumento in un assolo squisito, quasi chitarristico, suonato sulle corde alte del basso 5-string. Poi entra Pieranunzi, ed è pura magia... A seguire, Fiorentino in un assolo molto ragionato, che modera il suo fraseggio con un uso molto efficace delle pause.

Del tutto convincente il quartetto di "Reverse Bop", un tema allo stesso tempo obliquo e grintoso, in cui rigore esecutivo e fantasia improvvisativa si inseguono alla perfezione, con Fiorentino che risolve l'accompagnamento in modo totalmente contrappuntistico, e dispensando brevi "lame" chitarristiche durante l'assolo decisamente hard-bop di Giammarco.

Un momento in totale solitudine con la rilettura di "Hullo Bolinas" di Steve Swallow (l'unico brano non originale del disco), e si riparte con la band al completo, in "La Piazza", un tema malinconico e quasi "felliniano" nel suo incedere. Un bel momento a due voci tra Fresu e Giammarco, che dimostrano di sapersi ascoltare molto bene a vicenda, e poi il campo è tutto di Pieranunzi, ispiratissimo, che confeziona probabilmente il più bell'assolo del disco.

"Good Bye Chet" è un brano molto lirico, particolarmente caro al bassista e inciso in diverse versioni nell'arco della sua carriera. Qui il tema è introdotto diteggiando sul contrabbasso, doppiato dalla voce, su un tappeto di suoni elettronici. La parte solistica è affidata a Danilo Rea, che ancora una volta dimostra di saper confezionare assoli che oscillano tra originalità e passionalità.

Conclude il disco "Dogs" il brano che forse aderisce di più agli stilemi fusion, il tema è gradevole anche se non originalissimo, con Giammarco passato al sax soprano. Di interesse l'assolo di Fiorentino, controllatissimo in questo disco, mai una nota fuori posto.

In definitiva, è ancora una volta una gioia per me constatare come musicisti di casa nostra abbiano saputo produrre opere di tale livello: un disco che congeda l'esperienza del "jazz elettrico" italiano ma che allo stesso tempo ne scrive una delle pagine più belle.

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