Lemon Tree
Profuma l‘aria, stuzzica piacevolmente le narici, allieta la vista abbellendo il panorama. Immaginatevi di stare lì ad osservare, dall’alto di un davanzale, un tramonto con i filari regolari baciati da un sole caparbio ma oramai in fase di spegnimento. Con un ultimo, indicibile, sforzo getta un ultimo fascio luminoso lì in direzione di quella rugosa e lucida buccia; un’ultima pennellata prima di andare a dormire. E’ un’immagine, quella del frutteto (vigna), che ho la sfacciata fortuna di poter assaporare ogni giorno dalla stanza di casa mia. E’ un qualcosa capace di tranquillizzarmi, mi ristora e depura. Ma non è la mia vita.
Salma convive nel silenzio ridondante di un’esistenza solitaria capace di acuire ogni minimo rumore. Il nitido tac del coltello che sbatte sul piatto vuoto di un tavola deserta è espressione visiva e sonora della più cruda solitudine. Mantiene il legame con il passato, con i figli che sono cresciuti e seguito la loro strada, ed il marito prematuramente perito, coltivando e curando quel frutteto di limoni che una volta faceva di loro una famiglia. Non ha niente oltre a questo.
Un mitra. La canna di un fucile con telescopio all’imbrunire si potrebbe nascondere benissimo tra quei rami folti e rigogliosi. I filari sono densi; Salma perché gli hai dato tutta quell’acqua e perché li hai potati così bene da farli crescere in questa maniera. Non vedi che sembra un fottuto labirinto? Salma, non è più tripudio della natura, non è il ricordo del passato, ma una pericolosa minaccia. Il fatto che per 50 anni l’unico prodotto uscito siano state cisterne di limonata venduta conta poco; anzi nulla. Adesso tutto cambia. E’ un’erbaccia da estirpare.
Lo capisci? Salma, ascoltami. Il Ministro della sicurezza israeliano ha deciso di abitare di fronte al tuo frutteto. Nel confine. E’ una condanna a morte per quel mix di legno, foglie e frutti. Cosa vuoi che siano quelle belle sterpaglie in rapporto alla sicurezza nazionale? Per te sarà anche tutto, ma eccoti qua quelle 300 piante misurate con oggettivo ed insindacabile giudizio: 2 mazzette di magnanimità non dovuta ma elargite. Banconote che, bada bene, anche se le volessi prendere non le potresti accettare. Cazzo, sarai mica, tanto pazza da farti pagare con sporche mazzette israeliane? Cosa penserebbe la tua comunità?
Salma, per favore, ragiona. Stai invecchiando ed allora continua a vivere in silenzio e china come hai sempre fatto la testa. Ingoia anche questo. Chi ti credi di essere? La sola? Vuoi che ti dica quante case, non frutteti, sono state demoliti su decisioni di tribunali miliari per i medesimi motivi? In fin dei conti sei fortunata: nelle tue 4 mura ci puoi sempre vivere anche se abiti ad uno sputo dal confine. Non è poco. Ed invece cosa fai? In tribunale contro lo stato israeliano. Una povera e semplice donna palestinese. Non ti rendi conto di quanto sia patetica la tua sceneggiata: limoni contro lo stato israeliano fino alla Corte Suprema? Non è un film americano, ti farai male. No, dal tuo sguardo di ghiaccio, sembri dura e decisa come un muro. Quello che stanno costruendo. Salma, cosa fai? Stai troppo appresso a quel giovane avvocato. Bada, non provare ad innamorarti. Vorresti anche disonorare tuo marito?
Mira, sei una donna adulta che fa girare la testa tanto è bella. Un tempo lo amavi; dio quanto gli credevi quando ti parlava stringendoti la mano. Eri davvero convinta che era la persona giusta per poter risolvere un conflitto senza fine. Le rughe cominciano a scolpire il tuo bel volto, ma sono i tuoi occhi che testimoniano gli inverni trascorsi. Eri già triste da tempo; ben prima di partire per il confine dopo la sua agoniata nomina. Quante false cene, falsi sorrisi di circostanza per arrivare fin lì. Avevi imparato ad inghiottire le delusioni. Un bel sorso d‘acqua e via giù, per l‘esofago, il non poter avere un figlio, accettare la sua amante e constatare la sua mediocrità e somiglianza con i predecessori. Ma vederlo chinare il capo a dei limoni. Hai provato a prendere il solito bicchierone, Mira, ma questa volta la pillola non riesce a scendere. Rimane lì incastrata. Forse ce l’avresti fatta se non avessi incontrato quello sguardo di granito, di fierezza, sdegno e rabbia.
Happy ending. Per la prima volta la Corte Suprema rivede in favore palestinese una decisione di un tribunale militare. Non verranno sradicati Salma. Ma ti rendi conto? La tua cocciutaggine ti ha portato oltre ogni immaginazione. Le tv non parlano che del tuo insulso campo di limoni. Ne verranno potati solo 150. Non daranno frutti e saranno alti 30 centimetri ma hai vinto. E’ una festa ridondante. La telecamera si può alzare con fatica sopra il muro, ormai eretto, per immortalare il cimitero di polvere e tronchi: ora non è più un pericolo.
Eppure non sembra un sorriso quella rasoiata che mi taglia mentre scorrono i titoli di coda.
E’ un film tartaguresco, capace di trasmettere sensazioni forti quasi senza l’uso della parola. Non sono i dialoghi ma i gesti, gli incroci di occhi, che creano e rendono al meglio un’atmosfera di confine, di profonda ingiustizia. Di rabbia che vorresti urlare, e invece devi spesso cacciare giù per la gola. Due mani che si sfiorano, un lento abbraccio di labbra per un amore impossibile. Raccogliere da terra i limoni caduti di notte. Il bel passato che vorresti mantenere vivo, quando con tuo marito andavi in Israele a vendere i frutti del coltivare la terra. Sguardi tra due donne per un film che lancia un timido messaggio di acre speranza femminista al sapore di limone parlando di due prigioniere; di situazioni diverse e così simili.
Non la scopro certo io Hiam Abbass. Questa bella donna è un’attrice dal talento cristallino. In “Il Giardino di Limoni” secondo me raggiunge l’apice, persino più in alto della parte in “L‘ospite inatteso“. E’ lei la spina dorsale di un film difficile che affronta con profondità il problema della convivenza forzata partendo dal giardino di casa. Senza la sua prestazione preziosa la pellicola sarebbe caduta e avrebbe perso gran parte della sua forza. Con una mimica facciale sopra l’ordinario è capace infatti di stringerti le budella con il mero gesto di chinarsi per raccogliere i suoi preziosi frutti e raggelarti con un’occhiata dietro una rete metallica.
Mi alzo dalla poltrona. Dieci persone per un gran film che ho apprezzato molto più del buon “La sposa siriana“ dello stesso regista.
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