A tredici anni scoprii "Layla", per caso, ascoltando uno fra i tanti dischi di mio padre.   

Immaginate, una bambinetta pseudo-rockettara, messa però meglio delle sue amichette musicalmente parlando (non per cattiveria o vanità, lungi da me, ma mentre loro si trastullavano con Christina Aguilera io ascoltavo Led Zeppelin e Pink Floyd, lasciamo perdere per un attimo il "de gustibus"...), cerca fra i cd del papi e si ritrova fra le mani due dischi di Clapton, il grandissimo "Unplugged" e un best of, e si innamora di questo artista. 

Da lì, io, la pischella in questione (ormai diciottenne, ma pur sempre pischella), ho cominciato a prestare più attenzione al materiale che poteva offrirmi il papà.

Sì insomma, gli ho fregato un bel po' di dischi.

Così, di recente mi sono appropriata di "From the Cradle", l'unico che non avevo ancora ascoltato attentamente. 

Datato 1994, quest'album cavalcava l'onda dell'enorme successo commerciale dell'"Unplugged", momento di risalita e di respiro nella carriera da solista di Clapton (di cui tra l'altro il disco celebrava i trent'anni), prima di allora non proprio felice.

Può sembrare strano, ma ci troviamo di fronte al primo lavoro dichiaratamente blues di questo artista: "From The Cradle" è un omaggio ai grandi maestri cui Slowhand deve gran parte del suo successo, quel successo che loro, ingiustamente, non hanno mai avuto.

Nel suo ritorno al primo amore, alla culla (la "Cradle" del titolo appunto), Clapton ripropone sedici tra classici e perle dimenticate del blues più puro: accompagnato nell'impresa da otto musicisti eccelsi, fra i quali Jerry Portnoy all"armonica ed Andy Fairweather Low alla chitarra, paga il debito a mostri sacri come Willie Dixon, Elmore James, Freddie King, Lowell Fulson e Muddy Waters.

"From The Cradle" è un caleidoscopio di melodie blues, arpeggi splendidi e assoli grintosi, scorrevole, intrigante, mai noioso né scontato, neppure nel riproporre l'ennesima versione di "Hoochie Coochie Man", "It Hurts Me Too" o "How Long Blues" che, al contrario, sono i pezzi che più colpiscono nell'intera antologia.

 Unico difetto, l'interpretazione vocale: pur essendo graffiante e diretta, ogni tanto pare un po' "forzata", quasi a scimmiottare i grandi artisti del passato, ma è comunque compensata da un eccezionale lavoro di chitarra.

 In definitiva, "From The Cradle" non sarà un album innovativo, ma di sicuro rappresenta uno dei momenti più alti della carriera di Clapton, ed anche uno dei motivi per i quali è possibile perdonargli qualcuna delle "cadute" che seguiranno.

Imperdibile, per aficionados e non.

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