Ertic Martin è una persona imperturbabile, sorride spesso ma è così pacato e questo gli porta un'immagine sicura di sè, sebbene sia un piccolo folletto del rock.

Ma Eric, oltre ad una personalità abbastanza di spicco, ha il grande merito di non ripetersi, e di creare una sua personalità musicale ben distinta. Sarebbe difficile immaginarselo ora, solista senza i Mr. Big che gli coprono le spalle. Di dischi solisti ne ha fatti, per carità, ma qui in Italia son sempre stati abbastanza trascurati. Ed essendo i Mr. Big ormai una realtà del passato, ormai chiusa, Eric continua la sua carriera solista con la sua Eric Martin Band e sforna un disco buonissimo, ben suonato e dalle atmosfere rockeggianti con melodie molto facili, di presa immediata.

"Destroy All monsters" denota un Martin che ci sa ancora fare alla voce: è questo l'elemento più importante del disco. Eric ha quella voce che emoziona ancora, che coinvolge e che in alcuni tratti (i più dolci del disco) risulta dolce e trasportante. Certo, il disco alla lunga diventa un pò noiosetto, nonostante il boom dei primi brani: "What's the worst that could happen" parte con un groove molto rock, un brano piacevole ed è in grande spolvero la voce di Eric, così come nella più ritmata "Kansas", impreziosita da una buona prova dei musicisti che si porta alle spalle. "I Woke up too late" parte con un riff molto carino e d'impatto.
Il disco fino ad adesso prende molto, e invita a continuare all'ascolto: è coinvolgente, anche per chi non è abituato ad un rock di questo genere. Si tratta finora di un rock ben suonato, melodico, senza ulteriori pretese qualitative. Lo stesso standard continua con "Janie won't open" e "Where are you". Due brani che confermano le peculiarità di questo disco, fino ad arrivare alla bellissima "You are too good for him". La solita ballatona, bella ed emozionante.

"Living in a black & white" rompe questo andamento ed entra in una canzone che propone soluzioni melodiche molto buone, portandoci però in ascolto che da adesso in poi sarà abbastanza monotono e senza spunti degni veramente di nota. "Something there" è una buona canzone, ma ricalca gli stilemi dei brani precedenti. "What if" è invece veloce ma bruttina come canzone. Eric invece mi risulta fastidioso nella seguente "I can Die now", dalle ritmiche quasi reggae che descrivono un pezzo abbastanza noioso. "Burning in My mind" continua imperterrita a proseguire senza sviluppo le solite evoluzioni rock sia ritmiche che vocali mentre trovo quasi patetica "If", brano che starebbe bene in mezzo al disco, ma non come traccia finale.

In definitiva, un disco che mi permetto di spaccare in due: una buonissima prima parte, e una seconda parte poco energica, quasi annoiata e noiosa soprattutto. Un disco che dopo 6 brani diventa monocorde e prevedibile. Tanto di cappello alla voce e alla sua capacità di creare qualcosa senza richiamare alla mente i suoi illustri precedenti.

Però, qualcosina in più si poteva dare.

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