Sarai pioggia. Una pioggia primaverile di note. Delicata e suadente nelle sue melodie. Quella pioggia che sai presto lascerà spazio al sole. Gli anelli di luce terrena sono favole in musica. Storie che evocano paesaggi bucolici e sapori medievali. E che ci narrano di un viaggio mentale, trasfigurazione della realtà metropolitana, in cui il protagonista si immagina cavaliere errante alla ricerca della propria Ginevra. In un mondo fantastico, tra arcobaleni iridati e foreste scintillanti, insidiato da cavalieri ostili.  

La musica degli Eris Pluvia è la perfetta colonna sonora per questo viaggio. Un prog sinfonico e romantico, pervaso di una rilassata malinconia. “Rings of Earthly Light” è il disco di debutto di questo gruppo genovese ed esce nel 1991 per l’etichetta francese Musea. Dal mio punto di vista uno dei prodotti più riusciti del progressive nostrano, con le sue atmosfere ricercate e i raffinati impasti cromatici.

L’opera è incentrata sulla lunga ed omonima suite, suddivisa in cinque movimenti. Le note ci accompagnano attraverso paesaggi sonori emozionali. Tastiere avvolgenti e soffici tocchi di piano. Le chitarre a giostrare tra intricati arpeggi e sinuosi assolo. Ma indiscussi protagonisti sono gli arabeschi fiatistici del polistrumentista Edmondo Romano, che si divide tra flauto e sax. Una presenza costante la sua, e pur mai invadente.
Proseguendo tra i solchi del disco ci lasciamo catturare dagli umori folk di “In the Rising Mist” e “Glares of Mind”,  intervallate dal breve ed energico intermezzo “The Broken Path”. La vena nostalgica si accentua nelle successive “Pushing Together”, con echi lontani dei Genesis più acustici, e la delicata ballata “You’ll Become Rain”. A chiudere il lavoro i poetici acquerelli di “The Way Home”, una traccia che riprende le coordinate progressive della suite iniziale. Una musica impressionista quella degli Eris Pluvia, caratterizzata da arrangiamenti curati e pregevoli sviluppi strumentali. Forse l’unico punto debole alla fine risulteranno le parti vocali. Non tanto per la voce del cantante e chitarrista Alessandro Serri che, pur non raggiungendo livelli espressivi eccelsi, è pur sempre piacevole. Quanto per la scarsa musicalità dei testi e una poco brillante pronuncia della lingua inglese. Probabilmente il cantato in italiano avrebbe aggiunto quel tocco di originalità e personalità che poteva elevare questo lavoro al rango di capolavoro.

Sarai pioggia, che scende a bagnare l’anima. Una dolce e velata pioggia di sensazioni. Quella pioggia che sai presto lascerà spazio al sole.

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