Non so, oggi osservavo questo famoso poeta tedesco e la sua platea. Entra, si siede, non guarda nessuno, sfoglia le sue carte. Camicia rosa sotto un cardigan grigio. Fila di lato tanto attaccata alla testa che una mucca deve avergli dato una leccata sul cranio. Si prepara due bicchieri d'acqua e li appoggia su una mensola posta alle sue spalle. Ne beve uno, lo riempie di nuovo, lo poggia di nuovo sulla mensola. Non lo beve. Mi viene in mente la scena del padre eccessivamente rompicoglioni di "L'attimo fuggente" e di quando, prima di infilarsi sotto le lenzuola, s'aggiusta le pantofole per l'indomani mattina. Okei, è uno psicopatico, una persona seria, ecco cosa pensai la prima volta che vidi quella scena e questo è quello che penso al riempimento del bicchiere. Chi lo presenta dice che la sua poesia è un tutt'uno di tradizione, filosofia, ricerca e segni del passato. Mi dico che okei, se la sua poesia è un tutt'uno di tradizione, filosofia, ricerca e segni del passato sarà pure gay. Alla prima parola lo tradisce l'avambraccio che va libero mentre il resto del braccio rimane legato al busto. Ma che poesia ci potrà mai essere in un uomo che si prepara un bicchiere d'acqua per berlo da lì a trenta minuti? Sarà sicuramente una poesia che è un tutt'uno di tradizione, filosofia, ricerca e segni del passato, ma sarà anche una poesia vuota, che odora di ciclamini. Triste costipazione. Roba per gente che si sforza di essere seria, mi dico mentre penso che mi devo ricordare il nome del tale per esser sicuro di non leggerlo nemmeno per sbaglio. Me ne esco, comunque. Mi alzo e me ne esco. Dice qualcosa, qualcosa del tipo sono tanto noioso?, io non rido, qualcuno sì. Esco al buio di via Benedetto Croce, la gente s'è trasformata in formiche operose, tutte in cerca di regali manco fossero briciole di pane, questi regali e mi viene in mente un racconto di Bukowski dove narrava e si vantava, come al solito, delle sue lurida gesta. Diceva che partiva per questi reading, colmi di idioti, che odiava. Ci andava, diceva, solo perché gli davano da bere a gratis. Ecco.

Larry Gopnik, quasi professore di fisica, ebreo, è una persona seria. Di quelle così morbosamente serie da avere una propria etica e addirittura una certa coerenza da perseguire. Lui è una persona seria, così seria da rendere il mondo circostante un qualcosa di alieno e distante, tanto distante che tutti quelli che gli ruotano attorno - la moglie, l'amante della moglie, i figli che gli sfilano soldi dal portafoglio (uno per comprarsi un po' di erba, l'altra per rifarsi il naso), il fratello ritardato, rabbini, studenti asiatici e genitori al seguito - sono tutti eccetto che seri. Tutti viaggiano alla deriva nel mondo. Lui no, ha una traiettoria e una scia da seguire.

Lui, Larry Gopnik, si diletta in equazioni e numeri inutili; il figlio si spara i Jefferson Airplane, in cuffia, in classe. 'Sto ragazzino con degli orribili capelli rossi mette venti dollari nella custodia della radio, venti dollari rubati alla sorella che li aveva rubati al padre. Il professore lo becca, gli sequestra la radio e di conseguenza i venti dollari che gli servivano per pagarsi l'erba. L'altro, l'uomo serio, Larry Gopnik, torna nel suo studio. Un ragazzo asiatico gli dice che "F: motto male", che "F: peddo bossa di studio". Propone all'uomo serio, Larry Gopnik, di fargli rifare il test e lui, in quanto uomo serio, gli risponde di no, che non sarebbe giusto nei riguardi dei compagni. Allora lo studente se ne esce e lascia una busta sulla scrivania. Solo in un secondo momento, l'uomo serio, si accorgerà della busta contenente diversi biglietti da cento dollari. Da qui, da questa vicenda che vi verrà posta in secondo piano, parte la vicenda. Un groviglio di problemi e situazioni assurde con tante persone che di serio non hanno niente. Anzi, è più o meno la fiera campionaria del caso umano, uno per ogni specie, quasi un arca di Mosè. No, Noè.

Non ci si può far niente: i Fratelli Coen, oltre ad essere due cazzoni con tanta benzina a bordo, sono pur sempre i Fratelli Coen. Il canovaccio è lo stesso: caso umano + soldi + groviglio di situazioni + una certa moralità. Solo che questa volta non si dimenticano di metterci una fetta considerevole delle loro vite di mezzo. Il film, girato a Minneapolis, loro città natale - e a tratti, per la freddezza e l'insistenza di certi primi piani, ricorda Fargo. Come a dire che se giri un film da quelle parti così va fatto -, è una presa per il culo, oltre alle persone che si prendono eccessivamente sul serio, all'ortodossia ebraica. Non si salva nessuno, in fondo e questi geniacci da un film all'anno sintetizzano tutta la loro filmografia in "A Serious Man", come il motto, lo slogan che sta sotto e prima di tutto.

E come finisce? Finisce in modo biblico. Il figlio impara dal padre e il padre impara dal figlio, poi arriva Dio a mettere la parola fine con la sua crudeltà veterotestamentaria a questo microcosmo di cazzoni peccatori circoncisi.

Ora però non mi ricordo cosa c'entri il primo capoverso col film. Poi vi faccio sapere. Ah, sì. Un mio amico, una volta, mi disse: può forse un uomo cosciente avere il minimo rispetto di sé?

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