Siamo al settimo disco in studio per la band Tedesca capitanata dal chitarrista cantante e tastierista Oliver Philips e lo spettacolo che gli Everon stanno per trasmettere con questo nuovo album, rilasciato nell'aprile 2008, è tutt'altro che scontato. Il lavoro è un continuo susseguirsi e avvicendarsi di elementi che han reso caratteristica la band e tratti innovativi, ma che indistinguibilmente parlano Everon.

A sentire questo disco da principio sembra davvero di avere sotto mano tantissimi tasselli ed elementi di centinaia di gruppi messi insieme a generare qualcosa di non così diverso dal solito, tanto che ai primi ascolti può addirittura risultare un qualcosa di già sentito, addirittura ovvio. Ma analizzando nel profondo l'opera, si può scorgere una accuratezza nelle composizioni, una ricercatezza nei suoni, nelle stesure di testi, anche nella disposizione delle canzoni che non ha uguali. Ogni brano richiama il precedente in qualcosa che somiglia un'opera divisa in arie.

Ma la cosa che davvero coslpisce è l'emotività. Il disco è straripante di emotività. Abbandonata la tecnica a tutti i costi, e quasi interamente l'ambito prog, se non per alcuni accenni, viene lasciato lasciato lo spazio a melodie ricercate impiantate in una stesura più semplice. Gli Everon sembrano voler dire tutto in ogni momento, tant'è vero che è davvero difficile capire la sensazione provata nell'abbandonarsi all'ascolto, tanto è unica la proposta musicale. Il disco è coperto interamente da una sorta di velata malinconia, espressa in modo magistrale dall'artwork di copertina. Nella stessa canzone gli Everon riescono a farci crollare nell'oblio più profondo, ad indurci alle lacrime, e farci volare subito dopo verso la salvezza con somma abilità. La pacata e tranquilla voce di Oliver, è suadente nel portarci nei suoi fantastici mondi, nelle visioni e nelle storie raccontate con estrema perizia da penna abile, e intanto come il pifferaio magico la band trascina l'orecchio non facendoci quasi accorgere del susseguirsi dei minuti, dei brani, delle ore. La mente rimane incollata trepidando e restando in attesa per sapere cosa verrà dopo. Mai un attimo basso, banale, prevedibile. Così gli Everon mostrano di non aver perso la creatività che li ha distinti sin'ora nel loro percorso musicale, dimostrano di avere ancora molto, molto da dire.

Alcuni esempi che riassumono l'anima di "North" sono rintracciabili nel brano d'apertura "Hands", ballad d'irresistibile cantabilità, dedicata alle nostre mani, plasmatrici della nostra realtà, strumento di gioia e dolore allo stesso tempo, in "From where I stand", vessillo di amori perduti, che lasciano il posto alla paura nel nostro cuore, e nella title track "North", a mio avviso il brano più affascinante dell'intero album, che sembra portarci in una notte in riva al mare, soli coi nostri pensieri, ansie e difficoltà, a contemplare la vastità del nostro orizzonte interiore. Tra folate di vento che ci colpiscono frontalmente e un instancabile oceano che aspetta con noi l'arrivo del sole, l'animo si perde tra le dolci note nell'orecchio, mentre lo sguardo si sposta verso Nord.

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