Prima di entrare nel merito della recensione mi sento in dovere di porre un paio di premesse utili, o almeno credo, alla comprensione del 6° album in studio della band di Chicago.
Premessa n°1: l’album da solista di Patrick Stump (“Soul Punk”), pubblicato durante la pausa presa dai Fob nel 2009, è stato, come lo stesso cantante d’altronde, abbondantemente sottovalutato.
Premessa n°2: sempre durante l’hiatus si è verificato un increscioso evento, ovvero sono piovuti numerosi insulti in direzione del cantante proprio per la scelta di intraprendere la carriera da solista. A tal proposito il cantante si è espresso dicendo: “I’ve received some big cosmic sign that says I should disappear.”

Fortunatamente Patrick non è scomparso, bensì è tornato con il resto della band e ha dato vita a quello che potremmo considerare un po’ la sua rivincita: "Save Rock and Roll".

Ad un primo ascolto infatti l’album non solo risulta essere molto diverso dai suoi predecessori ma risalta tutto il gusto compositivo di Patrick molto più vicino all’ R’n’B ed al Soul di quanto si possa pensare (haters gonna hate?).  
L’album, denominato appunto "Save Rock and Roll", secondo quella che per il gruppo risulta essere un attitudine e non solo un genere musicale, si compone di 11 tracce (comprese 4 collaborazioni).

The Phoenix: chiaramente uno dei brani più “maestosi” del disco. L'intro di archi sorregge pienamente quella che sembra essere una dichiarazione di guerra da parte del gruppo “Put on your war paints”. 
Una delle costanti dell’album, evidente già da questo brano, è l'ecletticità del cantato che alterna tonalità abbastanza impegnative a brevi intermezzi cantati in falsetto… che dire Patrick non si smentisce mai. Nessuna aspetto particolare da sottolineare per chitarra, batteria e basso. Pezzo chiave per questo nuovo disco.

My Songs Know What You Did In The Dark (Light Em Up): il titolo molto accattivante di questo brano è stato fondamentalmente rimaneggiato da un vecchio pezzo registrato dal gruppo, ecco allora un riferimento ai vecchi FOB: i titoli delle canzoni estremamente lunghi (certamente mai quanto “I Slept With Someone In Fall Out Boy And All I Got Was This Stupid Song Written About Me”). L’utilizzo in questo brano di diverse campionature unito ad un sound molto elettronico ed al fatto che è stato il singolo che ha anticipato l’uscita del disco ha fatto storcere il naso a molti dei vecchi fan (compreso me). Tutto sommato un lavoro che ha il suo perché.

Alone Togheter: prima canzone d’amore del disco. Personalmente di questo brano trovo apprezzabile l’arrangiamento ma abbastanza stucchevole la scelta di alcune soluzioni testuali come il “Let’s be alone togheter, we could stay young forever” “We'll stay young, young, young, young, young.”  Ok e quindi?
Passiamo alla prossima.

Where Did The Party Go?: sembra un pezzo di Ke$ha, fatto meglio però. Molto easy, da ascoltare senza pensarci troppo; un aspetto negativo a mio vedere è l’abuso di quei vocalizzi sillabati del tipo “na, na, na, na” che alla lunga infastidiscono. Udibile.

Just One Yesterday (feat. Foxes): c’è da spaventarsi per quanto il brano all’inizio sembri un plagio di Rolling In The Deep di Adele… per fortuna il resto della canzone dimostra un carattere completamente diverso. In Just One Yesterday troviamo la prima collaborazione del disco, ovvero con una certa Foxes. Il mio giudizio sulla canzone, compresa la parte cantata da Foxes, è davvero positivo.
Ancora una volta non troviamo il sound Punk Rock, come evidente abbandonato dal gruppo, bensì un atmosfera malinconica, complice l’uso del pianoforte e di numerosi altri effetti compresi quelli sulle percussioni. Aspetto positivo a mio parere anche quello relativo al testo, ben fatto e particolareggiato; a tal proposito citiamo “Anything you say can and will be held against you, 
So only say my name” e “If heaven’s grief brings hell’s rain ,then I’d trade all my tomorrows for just one yesterday”. Così si fa.

The Mighy Fall (ft. Big Sean): veniamo alla seconda collaborazione, quella con il rapper Big Sean.
Non so quanto possa essere azzeccata la scelta di questo artista, però nel complesso il tizio  sembra rendere giustizia ad una canzone con una tematica particolare: come si innamorano i potenti. Comprese già dai precedenti brani le finalità del gruppo,non c’è da meravigliarsi se ritroviamo solo alcuni timidi riff di chitarra distorta e una batteria del tutto sottomessa al nuovo sound. Lavoro senza pregi.

Miss Missing You: Ennesimo arrangiamento pop che vede il ritorno in alcune righe della fantasia compositiva, per certi aspetti “emo” del paroliere dei FOB (Pete Wentz) : “The person that you’d take a bullet for is behind the trigger”. Simpatica.

Death Valley: Uno dei brani migliori, nonché uno dei meno intellegibili. Gli amanti del Pop Rock troveranno un prodotto davvero interessante. Nonostante nell’intero album risulti abbastanza marginale il ruolo delle chitarre in questo brano è possibile ritrovare un paio di riff abbastanza simpatici (niente di eccezionale sia chiaro). Ancora una volta l’attenzione è da porre sul “demiurgo” della band. Patrick non solo spinge parecchio nei ritornelli ma si permette anche una parte Dance dal sapore Dubstep nello special. Ben fatto.

Young Volcanoes: brano in stile James Blunt, molto allegro, estivo ed estremamente pop. Nell’atmosfera da falò sulla spiaggia fatta di cori e di hand claps, trova spazio un testo da teenager spensierati e pieni di vita. Mediocre.

10 Rat A Tat (feat. Courtney Love): ammetto  anch’io, un po’ per l’amore verso i Nirvana un po’ per il conseguente odio verso la moglie di Kurt, di essermi “imbruttito”  nel leggere “feat. Courtney Love”. Mai pregiudizio fu più sbagliato. L’onomatopeico brano, da subito aggressivo, impreziosito dal “It’s Courtney bitch!” (riferimento a “Scream And Shout” della Spears e di Will I Am), si colloca prepotentemente fra i brani più interessanti e singolari del disco per testo e sonorità.
Da subito, per una sorta di “captatio benevolentiae”,  ci viene chiesto “Are you ready for another bad poem? One more off key anthem?”; la nostra risposta non può essere che affermativa.
Il testo è costellato da una serie di immagini molto suggestive, che vale la pena tradurre in italiano:
“il mio amore è un arma”,“ il mio cuore è una granata” , “siamo cenere di rose da professionisti”,
“sono la versione più solitaria di te” e “solo come una piccola chiesa bianca che brucia nel mezzo del deserto”. Musicalmente troviamo una base di basso e batteria molto “catchy” nella la strofa seguita da un progressivo crescendo di dinamica fino al ritornello. Il vero spirito Punk della canzone viene rivelato dal cantato della Love che smuove un po’ le acque di un disco che rischiava di deludere le aspettative di molti fan. Brano energico.

11 Save Rock and Roll (feat. Elton John): chiudiamo in bellezza con la super collaborazione con Elton John! Brano molto maturo sotto tutti i punti di vista, e collaborazione molto azzeccata. Musicalmente rimane nel solco dei precedenti brani (uso di numerosi effetti, percussioni tribali per certi aspetti evanescenti), ma risente moltissimo dello spessore del cantautore britannico (basti pensare alla parte di piano inconfondibile per un fan di EJ).
Testo molto essenzialista e a tal proposito citiamo: “I need more dreams and less life”, “Trouble seems to follow” e “You are what you love not who loves you”. Canzone completa, non c’è che dire. Ascoltatela, punto.

Ricapitolando non aspettatevi un album-continuazione dei precedenti, ma configuratelo come un evoluzione del sound del gruppo, con i suoi pregi e difetti…. e per una ascolto veloce consiglio Death Valley, The Phoenix e Rat A Tat.

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