Tra le prime tappe nella carriera di una band, un passaggio essenziale e arduo anche a livello strategico è ricoperto dalla scelta del nome. Le band italiane spesso si può dire non hanno brillato per fantasia e originalità tra vari Cani, Camilla e Clara.

I Fast Animals And Slow Kids, il cui monicker prende spunto da un episodio dei Griffin in cui si vede Peter guardare un cartoon alla tv dove viene mostrata una belva inseguire un bambino obeso, hanno superato con successo questa tappa.

Se “Hybris” dell’anno scorso ha rappresentato l’exploit che ha aperto un grande portone, e che ha permesso di riempire tutti i locali durante i loro live e reso spendibile il marchio FASK, ora “Alaska” doveva rappresentare un ulteriore step in avanti.

Come capita con i dischi successivi questo “Alaskasi presenta più studiato e ponderato rispetto al precedente, sia a livello di arrangiamenti sia nell’accogliere con più decisione la classica forma canzone.

A dispetto delle dichiarazioni della vigilia che parlavano di disco freddo e cupo adatto alla stagione autunnale, che facevano presagire un lavoro in scia Fine Before You Came o un chitarrismo ancor più grezzo, al netto dei testi, il gelo e la nebbia sembrano dissolti come i pupazzi di neve sotto il sole del giorno successivo.

Poi ci sono proprio i testi: impregnati di esplicita rabbia e disagio sbattuti in faccia senza filtri. Specchio fedele di una generazione perduta e senza punti di riferimento o mera retorica, le letture possono divergere molto.
Non rimarrà indifferente nel bene o nel male nemmeno la voce molto enfatica e teatrale di Aimone Romizi.

Da un punto di vista musicale non cambia poi troppo, maggior presenza dei fiati (ma non bastano quelli del primo disco?), maggior maturità, un paio di momenti riflessivi in più (“Overture” tra post-rock e cantautorato e “Il Vincente”,) una suite “Gran Final” che sembra voler salire sul ring proprio dei Muse 2.0 e qualche anthem in meno del passato nonostante la presenza del “Mare Davanti” e “Coperta” da ascrivere tra gli highlights dell’opera.
L'autoreferenziale "Odio Suonare" è perfetta per essere sparata a decibel elevati e data in pasto ai live, mentre “Te lo prometto” riporta in auge quei giri di chitarra che tanto ci avevano conquistato in pezzi quali “Dove sei” e "Troia".

Se “Un Pasto Al Giorno” era l’uno per tutti tutti dei quattro perugini, “Reagire Al Presente” è una sorta di invito della band rivolto ai proprio ascoltatori a ricordarsi di loro per il futuro, quando i ricordi si faranno più sbiaditi e incerti e cominceranno a crescere i primi capelli bianchi.

Pur non riuscendo in questa tornata a pareggiare “Hybris” i Fast Animals And Slow Kids continuano a dire la loro, sicuri ancora una volta di incrementare la loro base. Visto le capacità mostrate in passato, è lecito attendersi ancora di più per il futuro.







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