Quanto ci mette un uomo a imparare che non deve,
non può volere ciò che "vuole."

W.S. Burroghs


Viaggi lisergici che ci portano ai confini fra il bene e il male.
Visione del mondo come da un altro pianeta.
Chitarre taglienti su testi fintamente banali.
Sfruttamento immigrazione potere mediatico.
Tutto rivoltato e vomitato in un unico urlo liberatorio.
"Mi sveglio e faccio schifo!"
Viaggi irreali fra deliri e prese di posizione nette.
La scelta definitiva.
Finalmente capire da che parte stare.
La quadratura del cerchio.
Il desiderio di essere se stessi.
Il bisogno di sentirsi Dio.
L'assoluto bisogno di chiudersi in se stessi.
Eliminare radio TV giornali e in questo modo liberarsi dai mostri.
Mostri che comunque tornano sempre nei nostri sogni.
Avvoltoi che ruotano nel cielo.
Il cielo e la terra che continuamente si spostano.
E gli strani pensieri di fronte a milioni di affamati.
Che spostano oceani e montagne.
Nessuno li può fermare.
L'odio per il potere.
La difesa del proprio IO.
Libertà da ogni legge umana o divina.
Il pensiero irreale che è arte.
Le prove di volo onirico.
Le macchine piangono.
Morbide macchine.
Scrivere belle parole.
Accorgersi di aver perso il proprio nome.
La propria voce.
Il delirio.
Vedervi e vedersi morire.
Strano l'amore quando viene davvero.
Fuori da tutto.
Fuori per sempre.
E poi viene l'autunno come si fa a non piangere?

Tutto questo è:

EXIT     1997

Ultimo strabiliante album del buon Fausto che, come il vino, migliora invecchiando.
Quando questo lavoro uscì non mi ero ancora ripreso dallo stupore per l'album precedente. L'Erba mi aveva abbastanza spiazzato ma Exit mi ha letteralmente tramortito, il primo ascolto e durato solo tre canzoni.
Troppo duro, troppe chitarre lacerate, troppi testi allucinanti, troppo fuori dagli schemi. Bisogna dare fiducia a questo lavoro, lasciarsi coinvolgere; frugare il libretto dei testi, cercare le canzoni messe alla rinfusa, senza titoli. Trovando un Fausto che, quasi, si erge a Dio.
Ritrovato e ritrovante se stesso, quasi in pace col suo passato dove, forse, desiderava essere una star. La voce è quasi biascicata fra le labbra, il sound è casalingo in bassa fedeltà, rumori fuori campo, urletti e tintinnii.
Abbandono quasi totale dell'elettronica e il ritorno verso la più classica formazione rock (basso, batteria, chitarra) ne fanno un lavoro scarno ma intenso, non c'è mai un assolo, un ritornello, tutto è concepito per mettere in risalto la voce e le parole dure. Una spietata invettiva contro il mondo che viviamo, abilmente mascherate nei viaggi allucinati e allucinanti che Fausto fa, se da una parte vediamo l'uomo strafatto che mescola colori, suoni e visioni dovute probabilmente all' LSD. Dall'altra lo stesso uomo è lucido nel giudicare se stesso e gli altri.
L'apoteosi nella denuncia onirica e lisergica che è Blues, quattordici minuti per una chiara presa di posizione verso i mali del mondo.
Trovando la soluzione a tutto nella riga finale
"E' come dire la verità su se stessi senza sentirsi perduti."

Questo è un disco che richiede nervi saldi e stomaco forte.

Agosto 2006

Ora Fausto è sempre più magro, le ossa sembrano esplodergli fuori dalle spalle, gli occhi scuri, vispi e attenti mi interrogano mentre, timidamente, chiedo del nuovo lavoro. Sembra pronto, speriamo. E' tornato Fausto, meno allucinato e più disponibile, forse finalmente in pace con se stesso.
Il nuovo lavoro uscirà a giorni, forse no che importa? Ci rimangono i suoi vecchi lavori vere schegge impazzite in mezzo alla vacuità di certa musica Italiana e no.

Bentornato signor Rossi.

Carico i commenti... con calma