Una strana specie di oriente, suoni che si posano sul mondo come il silenzio su un fiore...

Il fuoco e la neve, un volto dietro una finestra...

Fogli sparsi di intimi haiku esistenziali dove ogni parola vale all'incirca un milione di pagine...

Fu un colpo al cuore “Cambiano le cose”, e non solo perché non ascoltavamo quella voce da sette anni e Faust'ò tornava a essere Fausto Rossi.

E' che tutto ci saremmo aspettati, ma non un disco del genere, cosa strana tutto sommato, visto che il nostro non era nuovo alle sorprese.

“Love story”, ad esempio, con quelle ritmiche ossessive attraversate qua e là da voci di fantasmi, era stato un favoloso suicidio commerciale. Una cosa un po' troppo lontana dai precedenti album pop. Album che, anche se derivativi, a noi facevano letteralmente impazzire.

Che era bello averci il nostro BowieByrneFoxxRotten, a predicar nel deserto italiota.

Uno che, quando si allontanava dallo studio di registrazione per far pipi, tornando si sentiva dire cose del tipo “oh, Fausto, guarda che ti abbiamo aggiunto sto pezzo di tastiera prog, senti che figata”. Si, come no...

E poi quella voce, quelle parole...Oh, io me lo ricordo quell'estate che canticchiavo “Ultimi fuochi”. Orsetto la chiamava l'inno dei samurai .

“E io la mia schiena contro vento”

In “Love story”, scritto tutto in inglese, era proprio quel canticchiare a mancarmi. Ma per il resto tutto andava bene, quel suono scarnificato (togli, togli e togli ancora) che andava dritto al nocciolo dell'essenza wave era molto, molto eccitante.

Estremo però. Troppo estremo. Persino per i mecenati più avvezzi alla sperimentazione. Se poi pensate che nelle intenzioni del nostro doveva essere addirittura un album triplo...

Anche se, certo, suicidio per suicidio, un triplo sarebbe stato manna dal cielo.

Che poi prima di “Love Story” di follie ce n'era stata un altra, quel “Out now”, splendido album di pura sperimentazione e ricerca, per di più solo strumentale. Una cosetta basata, così almeno dice chi se ne intende, sulla musica concreta. Non male per un quasi famoso che ogni tanto vedevi anche in tv nei vari discoring et similia.

Dicono che la Maionchi ancora ripensi al potenziale commerciale sprecato del nostro.

In ogni caso chi lo conosceva “Out now”? Tirato in pochissime copie, nemmeno lo mettevano nelle discografie ufficiali all'epoca. E dire che era il primo cazzotto tirato al suo stesso mito.

L'avessimo conosciuto, “Cambiano le cose” non sarebbe stato il colpo al cuore che fu.

Si, un colpo al cuore...

Con quei suoni che ritornano su se stessi, arricchiti via via da variazioni infinitesimali, con quei cerchi nell'acqua che si allargano all'infinito e quelle rifrangenze, quei giochi di specchi...

Con quel lento stratificarsi di meditativa energia luminosa abbinata a cupe inquietudini e nuovi fantasmi...

Con quei testi brevissimi, che, tagliati con precisione scientifica da una sorta di cut up interiore, lasciano passare al setaccio solo le parole chiave..

E quella voce che sembra cantare solo a se stessa in una specie di rassegnata indolenza e rinuncia agli isterismi favolosi del passato e a quel grido secco da arte marziale che tanto ci eccitava...

Un colpo al cuore dicevamo e sin dall'inizio.

Che la traccia uno, “In tuo ricordo” è un'eco percussiva di piccoli e strani gong attraversata da onde ipnotiche, con un milione di scintille argentate che esplodono in un cupo e trattenuto rumorismo finale.

Immaginate un'ambient oscura che affonda il colpo e non si limita a danzare attorno all'avversario e ottiene come inaspettato effetto una risonanza interna che risana e guarisce.E questo nonostante i suoni siano avviluppati dall'angoscia.

E il resto del programma non è da meno, anzi. I pezzi si assomigliano un po' tutti, il mood è quello. E sembra più una suite che un'insieme di canzoni

A volte è una struggente malinconia fatta di sottilissime vibrazioni d'ombra a prenderti per mano, con un'idea sottesa di rinuncia e di autunno che dai suoni arriva alle parole. A volte sono i soliti fantasmi a lottare con una specie di misticismo fatto di solitudine e silenzio.

E forse bastano i titoli di certe canzoni a spiegare tutto: “La tentazione di esistere”, “Lacrime”, “Il cielo si trasforma”, “Guarda l'autunno”, “Il fiore a cui pensavo”.

“Lacrime”, in mezzo a questo pozzo oscuro di meraviglie, merita però una citazione particolare. Condotta dagli stessi suoni percussivi di “In tuo ricordo”, si carica pian piano di una tensione particolare, aiutata da tutta una serie di voci campionate in sottofondo.

Il cantato quando arriva è quello solito di tutto il disco, apatico e rassegnato: “E poi si scioglie la neve e il mondo resta a guardare, ogni cosa finisce...”

Poi, ecco lo scatto d'altri tempi, ecco di nuovo la voce isterica che ben conosciamo, a citare il primo verso dell'urlo di Allen Ginsberg: “I saw the best minds of my generation destroyed by madness...”. Ecco le lacrime. A chiudere, come magico e inconscio contrappunto, la frase “All'improvviso un'altra estate”ripetuta due volte. Una assoluta e incredibile magia.

Nel finale dell'album arriva, splendidamente incongrua, “Morbide macchine”. E' l'unico momento pop e serve per uscire un attimo dalla nebbia che poi torna subito con uno strumentale super oscuro...

Che dire alla fine?

Questo è un lavoro molto, molto sottovalutato. E non ho mai capito il perché. In genere è considerato gelido. Io non sono d'accordo. C'è il fuoco sotto quel ghiaccio.

E' intimo, raccolto, potente.

Ascoltatelo, magari ad occhi chiusi. Non ve ne pentirete.

Elenco e tracce

01   In Tuo Ricordo (05:26)

02   Oltropuldo (04:19)

03   Guarda L'Autunno (04:23)

04   Il Fiore A Cui Pensavo (03:11)

05   La Tentazione Di Esistere (03:42)

06   Lacrime (04:10)

07   Stardust (03:46)

08   Per Il Mio Compleanno (02:30)

09   Il Cielo Si Trasforma (02:58)

10   Morbide Macchine (04:31)

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