In Dostoevskij, io, non trovo altro che un amico, un amico sincero. Un amico, per l'esattezza, che non smette di svelarmi i suoi più bui angoli, che continua a consigliarmi la retta via pur aggiungendo, alla fine, che la retta via è sempre quella più noiosa. Una persona d'abbracciare, da custodire gelosamente. Mi disse, un tempo, che non è Dio, che non è il bene a reggere questo mondo, che per questo mondo allo sfascio da troppo tempo una dose di Dio non cambia niente. Mi disse che solo la semplice bontà, quella che non è la bontà personale, quella scevra dal calcolo, può migliorare le cose. Basta non calcolare per sentire la bontà. Io gli ho creduto, a volte mi sento meglio.

Il Giocatore è il suo romanzo, la sua parte di vita raccontata al pubblico che maggiormente sottrae spazio alla vita privata. Da tempo aveva intenzione di scrivere del giocatore russo, dei suoi turbolenti rapporti con la madre patria e della modernità sentita e covata ai tavoli da gioco. Poteva calcolare, scegliere minuziosamente le parole, investigare l'animo dei suoi personaggi e non lo fece. Non ne ebbe il tempo. Per tenere fede ad un impegno capestro con l'editore Stellovskij, che prevedeva per la mancata consegna, entro il primo novembre, di un lavoro inedito, la ripubblicazione, per nove anni, senza pagamento dei diritti, di tutte le opere del grande scrittore, smise di calcolare, diede fondo a tutti i suoi tormenti, alla sua condizione di uomo vessato dai debiti e in ventotto giorni scrisse Il Giocatore. Nel far ciò ebbe bisogno di una stenografa, Anna Grigor'eva Snitkina, che divenne il suo grande amore, quello di tutta la vita, o meglio di quello che gli restava da vivere.

Il protagonista della vicenda è Aleksej Ivanovic che narra i suoi fatti in prima persona ed è facile intendere questo personaggio come la diretta invadenza dell'autore nella storia, ma non è così. Almeno, non solo. Dostoevskij - una delle poche persone per la quale l'espressione "nazional-popolare" non costituisce un'offesa - si identifica con tutti i personaggi di origini russe presenti in queste pagine, perché sente la sua nazione, la sente totalmente e allora lo si può trovare nella turbolenta Polina - la donna amata, incomprensibilmente, da tutti. Lo si trova nel Generale, un uomo di cinquantacinque anni innamorato - quando l'amore diventa una cosa pericolosa, dice riferendosi anche a sé stesso e alla sua condizione, al momento della stesura, di innamorato fuori tempo massimo - di una frivola ragazza francese. Lo si può trovare nella nonna, ricca proprietaria di Mosca, innamorata e attaccata alla vita, che perde, in sfregio del nipote (il Generale), usurato dai debiti, quasi tutti i suoi averi al tavolo verde.

Il Giocatore è, in sostanza, il libro che Dostoevskij riserva all'amore. Tutti i personaggi russi sono mossi dall'amore e dall'irrequietezza, perché dice che i russi, di fronte alla vita, all'amore non riescono a scegliere l'azione o la parola giusta, il giusto meccanismo per non rovinarsi. Loro non riescono perché non vogliono scegliere, non vogliono sottrarre parole, emozioni e sensazioni ai propri sentimenti. Vogliono tutto e lo vogliono contemporaneamente. E così, a differenza dei personaggi russi, Dostoevskij dipinge la modernità e la borghesia attraverso le gesta di De Grieux, francese falso e calcolatore come tutti i francesi, usuraio e in quanto francese l'essenza stessa della borghesia che attenta, con i suoi modi fini e calcolati, alle virtù delle ragazze russe.

La vicenda si muove qui, tra questi "esseri". Aleksej Ivanovic si getta sulla sua vita e sul tavolo verde come un rapace, esempio perfetto della vita scevra dal calcolo ed è sul tavolo verde che si rovina e si riscatta, si rovina e si riscatta in continuazione. Aleksej Ivanovic è l'ultimo baluardo del romanticismo europeo che si oppone alla modernità, mette la sua vita tra le mani di Polina. Se vuoi che mi getti da questo monte io lo farò, le dice. Aleksej Ivanovic è la bontà e in quanto tale è un fiume in piena. De Grieux, il suo opposto, è mite, calcolatore, sordido. Attende il momento giusto per farsi restituire i suoi soldi dati in prestito, per sposare Polina e la sua dote e quando si accorgerà che i suoi soldi mai vedranno la strada del ritorno e di conseguenza Polina non avrà mai una dote, scappa. Aleksej Ivanovic, invece, comincia a giocare per riscattare la sua condizione di uomo, per poter offrire una dote a Polina, per poter vivere del loro amore. Giocherà per l'ultima volta solo quando sarà certo dell'amore di questa ragazza verso sé stesso. Di giustezza, insomma.

Alle persone che si spingono con naturalezza verso la bontà va Dostoevskij e questo libro. A loro è riservato Dostoevskij. Può sembrare poco, ma non lo è affatto. Il Giocatore mi fu regalato, in una mattina di sole passata a camminare tra i vicoli di Napoli, da una persona positiva, gentile, in buona fede. Non ho il tempo per continuare ad investigare questa persona come vorrei, ma ne ho a sufficienza per dirgli ancora una volta "grazie". Che Dostoevskij sia con te.

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