Ben oltre gli standard del romanzo distopico e ben oltre le prevedibili atmosfere di qualsiasi thriller futuribile, questo corposo racconto (540 pagine) mette in gioco un labirinto visionario di luoghi e personaggi che attraverso gli intrecci del subconscio diventa metafora radicale della deriva individuale e sociale del nostro tempo. Assestando una mazzata finale che non lascia dubbi su quale “credo” l'autore abbia consolidato. Non a caso, nei risvolti di copertina si parla di ipotesi nichilista sul destino del genere umano. Federico De Caroli, attivo da decenni sulla scena musicale elettronica e ambient con il nick DECA, ha scritto qualcosa che da semplice lettura si fa esperienza tangibile, tanto è coinvolgente e fitta la trama che crea e sviluppa nel corso dei capitoli. Parte con un passo riflessivo e quasi proustiano, cesellando stati d'animo e reticoli di ricordi, descrivendo una città (la città metamorfica) con un incredibile realismo di suggestioni oniriche; quindi trascina il lettore in una spirale di eventi enigmatici e carichi di simboli, che prendono corpo come un gigantesco affresco profetico. Complice un vocabolario ricco e forbito, ma mai farraginoso, la cifra stilistica e la padronanza della narrazione consentono di immergersi in questa avventura – pur narrata in prima persona – con una compartecipazione non consueta.

Il protagonista vaga disorientato e apparentemente senza meta, incapace di mettere insieme i tasselli del suo presente che continua a dargli fallaci visioni e percezioni. Si perde negli angoli oscuri della quotidianità laddove gli altri vivono invece in modo apparentemente normale, prima in solitudine, poi in compagnia di una giovane donna che si fa emblema di un'onestà e di una purezza ormai fagocitate dalla tenebra della follia sociale e dalla perdita di qualsiasi tipo di fede. In un crescendo di avventure che diventano sempre più “materiali” e quindi inquietanti, l'ultimo capitolo coglie di sorpresa il lettore e lo scaraventa in un devastante nuovo contesto, in cui i paradossi e il malessere dei capitoli precedenti si rivelano una complessa traccia metaforica e premonitrice. Il destino dell'uomo è privo di ogni speranza e redenzione, segnato inevitabilmente dalla natura malvagia dell'umanità stessa che non offre margini alla debolezza della compassione. Anzi, la tesi di De Caroli è che la forza inalienabile della prepotenza e della sopraffazione sia sempre e comunque vincente sulla forza della pietà. E che il destino di tutto e tutti sia sempre determinato dall'affermazione di un diritto a prevaricare le necessità degli altri con le proprie.

Una tesi che non mancherà di suscitare dissenso e ostilità, specie tra chi afferma e sostiene il potere delle tre virtù teologali (fede, speranza, carità) anche se non necessariamente legato a qualche forma di culto o religione.

“Il futuro è finito” è un romanzo molto bello, in ogni caso. Frutto di un lavoro sicuramente attento e capace, non collocabile in un genere preciso pur sfiorando più generi, ben bilanciato nel risultato di una lettura che avvince e nel contempo invita a profonde riflessioni.

Da annotare che nel 2014 era uscito un disco (che ha come titolo il sottotitolo del romanzo, cioè “Onirodrome Apocalypse”, e la stessa copertina) in cui De Caroli /Deca descriveva con la musica gli ambienti e le atmosfere che ora ritroviamo nel romanzo.

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