Il dolore genera molteplici reazioni nell'essere umano.

Tradurre in musica il dolore è quanto di più arduo possa capitare ad un musicista: ci hanno provato in tempi recenti i Radiohead, con dischi che rappresentano per tante persone un commovente grido di aiuto tra i solchi della lamentosa e bellissima voce del folletto Thom. Ma il dolore per la perdita di una persona che, fino a quel momento, aveva condiviso con te il sogno di una vita può potenzialmente uccidere chiunque. Non i Feeder, che optano per il motto "la vita continua" e decidono di andare avanti, dopo il suicidio del loro batterista, con l'ex Skunk Anansie Richardson.

Ed è uno dei pochi casi in cui i fans comprendono fino in fondo un cambiamento di stile quasi totale nella musica dei loro beniamini, continuando perciò a sostenerli: l'aggressivo rock delle origini e il giocoso guitar-pop di "Echo Park", i singoletti arruffiana-orecchie come "Buck Rogers" e "Seven Days In The Sun", lasciano il posto ad una scrittura pop fluida e toccante. Certo, qualche sfuriata rimane (anche francamente inutile nell'economia del disco, come la Foo Fightersiana "Come Back Around", singolo apripista del disco), ma piuttosto soffocata come in "Helium", dove le chitarre richiamano alla mente i Pumpkins di Billy Corgan (per la precisione, quelli di "Zero").

L'opener "Just The Way I'm Feeling", introdotta dagli stessi accordi della Gallagheriana "Wonderwall", fa già capire che aria tira: "I feel we're going down/ten feet below the ground/it's just the way I'm feeling". Il pezzo si rivela uno dei gioielli del disco, seguito dai due numeri rock sopracitati. Poi "Child In You" ci riporta in territori prettamente pop-ovattati, per introdurci alla title-track, il ritornello melodicamente più bello dell'intera discografia del trio britannico. "You tear yourself apart/wishing to be born again/a different man": Grant canta una sofferenza così forte da voler essere qualcun'altro per non doverla sopportare. Successivamente, nell'ennessima ballata "Forget About Tomorrow", un nuovo giorno porta un po' di serenità, sperando che il domani non rispalanchi il baratro ("today it all feels fine/a sense of freedom fills your mind/can't think about tomorrow"). E, se "Summer's Gone" riporta alla luce i cari, vecchi Radiohead del mastodontico "The Bends", "Godzilla" distrae l'ascoltatore con due minuti scarsi di sana furia chitarristica, anche se la tematica generale dell'opera non viene a mancare ("live life in overdrive/lost love in suicide").

La speranza nell'amore è la tematica espressa in "Quick Fade" (che fa il paio in quanto a sonorità con "Child In You"), mentre "Love Pollution" e "Find The Colour" sono due numeretti pop-rock di buona fattura e niente più, che ci introducono alla chiusura di "Moonshine", in cui Grant chiede disperato all'amico perduto "Oooh… won't you come back to me". No, ovviamente non tornerà, ma con questo stupendo album è come se fosse tornato alla vita perlomeno un'ultima volta.

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