Mulinelli digitali che arruffano la rotta, stridìi artificiali che squarciano le vele, cavalloni sintetici che riempiono i polmoni. Il mar dei glitch non è meno pericoloso dei suoi sette fratelli.

E se poi l'imbarcazione fosse quella della copertina?

E se Fennesz - preso da mille featuring - stesse ancora pensando al modo di chiudere la parentesi perennemente aperta di "Endless Summer"? Quel polipaio di profumi avvinghiati alla linea dell'orizzonte, quei pezzi in continuo divenire che sembravano tendere all'infinito.

In quel tempo Fennesz era alla deriva nei pressi della Laguna. E un angelo prese la forma del Leone Alato. E scrutando dall'alto la vastità delle acque l'angelo vide Fennesz e si ricordò di San Marco. E allora con voce tonante disse: "Pace a te, mio evangelista. Qui riposerà il tuo corpo".

Ma se il corpo riposa, a Venezia il guitar-processing di Fennesz si fa Doge in pectore e riplasma gli umori della città attraverso il gioco di continui camuffamenti.

Se sfrigolìi dissennati scivolano tra l'odore dei canali e il dedalo di estatici campionatori, l'atmosfera non tarda a imbellettarsi di una leggerezza dolciastra in cui un chitarrismo petulante e beffe glitch tirano Pantalone per la barba in un campiello fuori mano.

Fennesz ha molte maschere e in "Venice" le usa tutte.

Un meditabondo velo ambient riflette su cosa si celi dietro l'apparenza delle cose come il giovane Proust seduto al tavolino di un Caffè Storico, ma ecco che un droning esultante degno dell'Eluvium più ascensionale rivolta totalmente il climax lanciando coriandoli e stelle filanti ai carri del Carnevale.

E poi un'elettronica crepitante e limacciosa dalle screziature color petrolio che strizza l'occhio all'organicità di Robert Rich; arpeggi spogli e imbevuti d'un senso d'irreparabile come i passi dei condannati in processione al Ponte dei Sospiri; un certosino lavoro al laptop che cesella collages policromi come i mosaici della Basilica di San Marco; addirittura un crooner vagamente fatalista che non teme per la sua libbra di carne e firma il contratto guardando Shylock negli occhi.

Ma il viaggio di Fennesz non si fermerà a Venezia. Nessun Tadzio poteva turbarlo, nessuna epidemia di colera poteva ucciderlo.

La vedete ancora la copertina? Non c'è forse una seconda barchetta là sullo sfondo? Il nostro la usò per tornare in mare aperto, incontro al suo cupio dissolvi, nelle fauci di "Black Sea".

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