Era il 1972 e io ero proprio piccolo, piccolo...

Si, era il 1972 e per sei sabati consecutivi i bambini italiani rimasero incollati al teleschermo a guardare “Le avventure di Pinocchio” di Luigi Comencini...

“Le avventure di Pinocchio”, ovvero un capolavoro e uno dei picchi della TV di quegli anni...

Tra i molti meriti di quest'opera, due mi sembrano i più rilevanti: l'aver restituito al racconto quell'ambientazione povera e contadina che ne accentua la struggente magia e l'aver soffiato sulle sue figurine di creta un venticello leggero e malinconico che le fa muovere, vivere e agitarsi in una atmosfera sospesa, incantata e come fuori dal tempo...

Attitudine o scelta autoriale che sia, questo tratto malinconico contrasta con la freschezza e la vivacità delle pagine collodiane e con il vitalismo e l'ingenuità di cui lo stesso Pinocchio è simbolo...

Contrasta si, ma quel contrasto è una delle chiavi dell'opera...ovvero vita contro il mondo o, ancor meglio, a dispetto del mondo...

Un'altra chiave, ovviamente, è il favoloso, un favoloso gentile che si instaura pian piano, quasi sottotraccia e sempre partendo da elementi semplici...

Che c'è di più semplice, infatti, di un ciocco di legno?

A sostenere (e forse anche a raddoppiare) la tenerezza di questo magico realismo ci pensa poi la meravigliosa colonna sonora di Fiorenzo Carpi, con quella musica fine e popolare, che mescola il tono crepuscolare e il guizzo saltellante, l'ingenuità e la saggezza, l'alto e il basso...

Credo non vi sia bambino, tra quelli che all'epoca hanno ascoltato quelle musiche, che nel risentirle non provi un sussulto o un tuffo al cuore...

A partire dalla splendida sigla iniziale dove un organetto e un flautino da scuola media s'incaricano di disegnare una melodia da giostrina per offrirla, semplice dono che viene dal cuore, a un clavicembalo dal suono di carillon.

Una cosa da nulla che, se un pochino fa pensare all'avventura, più che altro allude a quel che vedremo dopo: un borgo sotto la neve, un carrozzone di attori girovaghi, una stalla, la spoglia stanza di un falegname...

Ed è in quella stanza, dove il tempo è scandito da un orologio senza lancette, che tutto ha inizio e sentiamo per la prima volta la dolcissima musica di Fiorenzo Carpi che con la massima semplicità sottolinea dapprima la solitudine e la povertà della vita di Geppetto e poi il fervore e l'allegria durante la creazione del burattino.

Ed è qui che nasce, esattamente come nasce Pinocchio, il famoso e saltellante andantino che tutti, ma proprio tutti conoscono,

Lo sentiamo dapprima a grumi e smozzichi, che, mentre Geppetto è intento a lavorare, il motivetto si interrompe di colpo ogni volta che lui si accorge che il burattino si muove...

Poi lo sentiamo in tutta la sua incredibile bellezza...Che all'improvviso una porta si apre e un bambino, scalzo e vestito con un sacco di iuta, esce per strada, si ferma vicino a una fontana e si mette a giocare con l'acqua...

Dopo un po' il babbo lo raggiunge:

“Dai vieni dentro che tu prendi freddo...cammina...non mi fare arrabbiare...”

Il bambino allora lo bagna con alcuni schizzi d'acqua e scappa mettendosi a correre...

Corre, corre e un asino (oscurissimo presagio) gli taglia la strada costringendolo, per un attimo, a fermarsi...

Corre, corre, il babbo sempre dietro...Un gregge di pecore vien loro incontro, il bambino ci si trova improvvisamente in mezzo e non sa come muoversi, ma alla fine poi trova un varco...

E parte il famoso andantino ad accompagnare la corsa e la scoperta del mondo...

Ecco, secondo me, quel momento è estremamente significativo...

Quel momento è l'esserci e significa una cosa del tipo “e mo son cazzi”, ma anche un milione di possibilità...

O, forse, un milione di illusioni, che la dolce, amabile, irresistibile rifrangenza di quel clavicembalo impazzito è davvero una porta che si apre...

Ed è musica fresca e chiassosa come lo sbattere dei piedini di Pinocchio (che si, quel bambino è Pinocchio) nel primo rigagnolo che incontra durante quella prima fuga.

Quella musichetta la sentiremo spesso durante le cinque ore dell'opera, a volte con uno strano effetto robotico come quando Pinocchio, tornato burattino, scappa verso la casa della fata...A volte addolcita da quel flautino da scuola media che dicevamo...

E sentiremo spesso il tema malinconico di Geppetto, l'effetto carillon a ogni apparire della fata e un turbinio metà tango, metà opera buffa per le scorribande del gatto e la volpe...

E ci saran suoni sinistri (forse i soli dell'intera colonna sonora) quando Lucignolo e Pinocchio verran trasformati in ciuchini...

Il tutto all'insegna di una commovente semplicità...

Fiorenzo Carpi, autore delle musiche di quasi tutti gli spettacoli di Strehler e Dario Fo, nonché delle celebri canzoni della mala, è stato un grande, grandissimo musicista.

Era un uomo schivo che amava dipingere e osservare le stelle.

La figlia racconta che, durante la composizione delle musiche di Pinocchio, il padre canticchiava in continuazione, cosa che non gli aveva mai sentito fare...

E questo piccolo particolare vale per me più di mille parole...

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