Quando si parla di Pino Scotto saltano subito alla testa i Vanadium e il loro "Metal Rock" (1982), album d'esordio e forse primo vero CD metal nella scena italiana. Il grande Pino lo abbiamo guardato divertiti su Rock TV a dispensare consigli e morali ai giovani, e molti avranno creduto di avere a che fare con una leggenda, ormai solo un anziano signore dai lunghi capelli corvini che il rock lo vedeva seduto in poltrona. Invece il vecchio leone milanese-napoletano se ne viene fuori con questi Fire Trails, che esordiscono nel 2002 con un CD tributo ai Vanadium, appunto "Vanadium Tribute" dove Pino e i suoi ripropongono i maggiori successi della vecchia band milanese e ne viene estratto anche un video, "Run Too Fast".
Il disco in quanto riesumasse storiche canzoni non stupisce, Pino ha sempre una gran voce, ma un CD di cover non può dopotutto portare alla ribalta una artista come lui. Dopo due anni la line-up viene del tutto modificata fatta eccezzione del chitarrista Steve Angarthal. Nel 2005 la band che sembrava un fantasma del passato invece stupisce tutti con un CD validissimo, in pieno stile metal anni 80 con qualche prevedibile accenno ai Vanadium, ma non limitato a un "copia-incolla". Limitare questo "Third Moon" in un genere è molto difficile. Le influenze di diversi stili di rock e metal si intrecciano nelle 11 tracks.
Il concept album legato agli Indiani d'America, tema molto sentito da Pino Scotto, inizia con una suggestiva title track, lenta e malinconica, intervallata da ottimi riffs e virtuosismi di Angarthal, cresciuto musicalmente non a caso con Yngwie J. Malmsteen e il suo "Trilogy". Seguono la canzone a cui è spettato il video, "Spaces and Sleeping Stones" ottima e coinvolgente e una song metal purosangue come "Fighter". Si passa poi alla epica e dall'ottimo coro "Brave Heart". Dopo altri due pezzi di ottima fattura all'insegna del metal più classico con qualche influsso prog e scusate il paragone azzardato, in alcuni assoli la testiera del mastodontico Larsen Premoli, mi ricorda molti i grandi Goblin, arriva la canzone più tranquilla del disco, la buonissima "Silent Heroes" il cui pregio è senza dubbio il suo crescendo Rossiniano. Pezzo più deludente ma non per questo di fattura inferiore, è "God of Souls", che ricorda (sempre secondo il mio modesto parere) il repertorio dei primi Helloween, interrotto solo dal buon assolo dell'axeman dei Fire Trails Steve e del tastierista (molto classicheggiante, chi vi ricorda?). Il CD si chiude senza infamia e con qualche lode, con qualche acuto ma senza farci urlare al capolavoro come nelle traccie precedenti.
Tutte le canzoni sono accompagnate dalla buona batteria di Mario Giannini, che offre molto ritmo aiutato dal bassista, messo un pò giù di volume per i miei gusti, Frank Coppolino. La grandissima tecnica di Steve Angarthal aiuta moltissimo i brani ad ottenere un mordente particolare, colorando anche alcuni momenti sennò troppo blandi, e soprattutto grazie a un ottimo lavoro di mixaggio, garantisce degli arpeggi e dei piccoli virtuosismi in sottofondo che aumentano la complessità della composizione. Eccellente invece la prova di Pino Scotto. Arrivare alla sua età e avere ancora voce, fiato, passione e coraggio di calcare la scena ancora è un esempio per tutti. Il lovoro si sa viene sempre premiato. E infatti a grande richiesta sono stati invitati a suonare al Gods Of Metal, vicino a "mostri" come Strana Officina, Extrema e Vision Divine, con uno show degni di lode, Pino si dimostra amato dal popolo (acclamato a gran voce prima, durante e dopo il concerto) e soprattutto una grande Rock Star.
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