La ventiseienne londinese Tahliah Debrett Barnett entra nel mio piccolo universo sonoro in punta dei piedi, senza troppi annunci o clamori o recensioni mirabolanti, semplicemente con un video proposto dalla sua casa discografica ("Two Weeks"). Mi colpisce subito la sua semplice bellezza di stampo etiope, la voce carica e leggera e sussurrata allo stesso tempo ma ancor più le complicate trame elettroniche che sostengono il pezzo. Mi piace. Devo approfondire.

Dietro a un nome abbastanza merdoso (FKA Twigs, formerly known as Twigs), si nasconde un'artista di cui fino a poco tempo fa ignoravo l'esistenza (ogni giorno che passa la mia ignoranza dilaga). Scopro che dopo due EP dal nome molto semplice (EP1 e EP2 tanto per non confonderli) T.D.B. ha appena pubblicato l'album di debutto LP1 (non ci si può sbagliare!). Tahliah canta, suona, balla, è una deliziosa factotum. Nelle dieci tracce lo spazio lasciato libero dalla sua voce tipicamente r'n'b viene occupato da una serie di costruzioni elettroniche che abbracciano (forse in modo molto furbo per accontentare un po' tutti) diversi sottogeneri: il triphop bristoliano, il dub rallentato, il glitch frammentato e disturbato, il dubstep ossessivo. I ritmi sono scomposti e apparentemente disordinati, gli accumuli elettronici fitti e barocchi. Escono dieci pezzi molto piacevoli, stranianti e coinvolgenti. Album costruito egregiamente, forse eccessivamente sovraprodotto che regala momenti stupefacenti ("Lights On" e "Two Weeks" su tutti).

Sono di fronte a una nuova stella fissa o forse a una fugace cometa che durante il suo lungo cammino si esaurirà lentamente? Difficile esprimere un giudizio sensato. Sospendo le mie analisi, blocco le mie attività cerebrali, freno le mie sinapsi elaborative e lascio libero spazio alla seduzione musicale di F(I)KA Twigs.

A me piace ma sento un leggero odore di bruciato. Tahliah dovrà stare molto attenta, sarò un segugio, non la mollerò un attimo (ma chi la mollerebbe una così?), alla prossima.

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