Con l’autoproduzione o la va, o la spacca. Perlomeno così si dice in giro.
Nel caso dei Foals è andata, eccome: attesi a varco da critica e pubblico, con il loro quinto album ci si aspettava il decollo definitivo di una band che ha tutte le carte in regola per essere quel benedetto anello di congiunzione tra indie e mainstream tanto anelato. E gli addetti ai lavori a quest’ora saranno in brodo di giuggiole, visto che da anni ormai si cerca qualcuno che possa affiancare gli Arctic Monkeys al traguardo.
Con l’aiuto di Brett Shaw (l’ultimo Florence + The Machine nel curriculum, tra gli altri), Yannis Philippakis e compagni (da segnalare l’assenza del bassista Walter Gervers, che ha lasciato amichevolmente la band a gennaio 2018) optano per un progetto molto ambizioso, battezzato “Everything Not Saved Will Be Lost”: la prima parte fuori adesso (composta da dici brani), la seconda in autunno.
E l’ambizione, per una volta, va di pari passo con la qualità: “Everything… Part 1” è esattamente il disco che ci si aspettava dai Foals. Un album che unisce in armonia passato, presente e futuro, andando a lambire territori già bazzicati in passato dalla band britannica (l’ariosità dell’opener “Moonlight” richiama il meraviglioso “Total Life Forever”, l’aggressiva “White Onions” unisce gli esordi math di “Antidotes” al rock di “What Went Down” con una spolveratina di Bloc Party epoca “Silent Alarm”, il primo singolo “Exits” fonde un po’ tutto insieme bilanciando ottimamente gli ingredienti) ma con un occhio ben attento verso quello che verrà in seguito.
Si va sul sicuro in questo disco, certamente, ma non si disdegna la sperimentazione: se “On The Luna” (indie rock drittissimo dominato da trionfanti cambi di ritmo) e “Sunday” (che parte come un pezzo degli Embrace per poi esplodere improvvisamente in un intermezzo che sembra preso pari pari dagli Underworld più sguaiati) suonano familiari ma al contempo fresche (non a caso, sono state estratte entrambe come singoli), “Café D’Athens” soprende tra marimba e Thom Yorke solista, “Surf Pt. 1” è un breve ed atmosferico intermezzo strumentale, mentre “I'm Done With The World (& It's Done With Me)” chiude con uno scurissimo piano e voce.
Un grande disco, questo “Everything…”: scommessa pienamente vinta dalla Warner (che ha messo le grinfie sulla band britannica, orma non più una scommessa) e gran sfregamento di mani per la stampa che cercava le nuove scimmie artiche con trepidazione.
Al pubblico l’ultima parola, ma tutto sembra indirizzato verso un (meritato) trionfo.
Brano migliore: Café D’Athens
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