I Frail Body sono un gruppo che creano un loro personale gergo musicale, mescolando elementi di math e progressive su una fondazione hardcore. La copertina del loro disco “A Brief Memoriam” è una semplice foto in bianco e nero di una vecchia signora - un corpo fragile in netto contrasto con l’incessante bufera sonora di ogni pezzo di questo album.
In poco più di venti minuti si può dire davvero molto, e i Frail Body sembrano avere sviluppato una narrativa personal con la loro musica. Lasciando perdere i vari “post-vattelapesca” e le radici in bella vista di un disco del genre, quello che rimane è una produzione fatta bene. Molti gruppi contemporanei che fanno musica tendente all’hardcore a mio parere peccano di produzioni fin troppo pulite, con suoni ultra confezionati. Le voci corrette, le chitarre fatte con il Kemper, le batterie così plastificate che se le programmavano con dei loop al computer poteva essere la stessa cosa.
“A Brief Memoriam” offre tutt’altro: un suono che non è stato diluito e filtrato, dove tutto un po’ si confonde, lasciando spazio a un po’ di caos, un po' la carta jolly che da un senso di iperattività e imprevedibilità a questo lavoro.
La voce, che potrebbe richiamare artisti come Converge o The Chariot, graffia come unghie su una lavagna, sorretta da violentissime chitarre e ritmi serrati. C’è anche un elemento progressivo in questo disco, che si allontana dalla tradizionale forma verse-chorus-verse-bridge-chorus.
Questi sette pezzi sembrano avere un filo conduttore che li unisce, mantenendo l’album saldamente ancorato alle sue radici. Uno dei momenti più spiazzanti del disco è forse il passaggio tra l’atmosferica “At Peace” e il post-hardcore di “Old Friends,” una degna conclusione a un disco ben fatto e suonato con cuore, sudore, e denti serrati.
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