Siamo a Lizzanello, in Salento. E’ il giugno del 1934. Una corriera si ferma nel centro del paese, si aprono le porte e scende la famiglia Greco: Carlo, il capofamiglia, Anna Allavena, sua moglie, donna di una bellezza disarmante e il piccolo figlio Roberto. Anna è di origini genovesi, ex insegnante, parla francese, è emancipata e saggia e non ha paura di esternare i suoi ideali. Carlo è figlio della sua terra, che ha abbandonato per poi riabbracciare. Sono gli anni trenta del Novecento in un paesino del sud e la vita scorre tra pregiudizi e pettegolezzi. Anna è la femmina del nord, la “forestiera” per tutti, la sfacciata, in particolar modo quando deciderà di partecipare a un concorso per sostituire il vecchio portalettere, divenendo così la prima donna ad esercitare quel mestiere così faticoso e utile.

A piedi o in bicicletta, Anna prenderà tremendamente sul serio il suo nuovo lavoro, così diverso rispetto a quello dietro una cattedra ma per lei sempre gratificante. Sarà custode di segreti e confessioni e si prodigherà per essere ben più di un tramite tra il mittente e il destinatario di quelle lettere. Cambierà la vita a Giovanna detta “la pazza”, ingiustamente emarginata da tutti in paese, coltivando con lei un’amicizia quasi fraterna. Sarà la dolce madre di Roberto e l’invidiata ma anche criticata moglie di Carlo. Antonio Greco, fratello di Carlo, è la principale figura di riferimento per Anna oltre al marito. Pacato, riflessivo e disponibile, il secondo dei fratelli Greco è da sempre innamorato di quella cognata tanto affascinante quanto carismatica. Sua figlia Lorenza è molto affezionata alla zia del nord e sarà la principale portatrice di grattacapi e contraddizioni, una volta diventata adulta.

La storia attraversa un arco temporale di trent’anni, lungo il quale il lettore vivrà eventi, emozioni, amori e tradimenti, che vedono protagoniste le famiglie dei fratelli Greco e le figure che gravitano intorno a loro.

Francesca Giannone, con questo libro, che è stato Premio Bancarella 2023, vuole dare risalto alla difficile condizione della donna, nell’Italia a cavallo tra due guerre. Lo fa però concentrandosi quasi esclusivamente sulla forte personalità della portalettere, trascurando il reale riscontro che la società dell’epoca avrebbe attribuito ad altre figure femminili protagoniste della narrazione. Il tutto risulta a tratti decontestualizzato rispetto ai canoni dell’epoca, dando alla storia contorni troppo moderni. Anna ha un carattere forte, sa quello che vuole, riesce ad imporsi a qualsiasi livello e chi le sta intorno o la odia o la ama follemente. Il marito Carlo, ostaggio del suo recente passato e del motivo che lo ha portato lontano dalla sua terra d’origine, vive di sensi di colpa e prova timidamente ad imporsi durante i confronti in famiglia, senza mai dare l’impressione di poter avere la forza di prevaricare, come voleva l’uomo nel contesto patriarcale dell’epoca. Lorenza Greco è la rappresentazione più emblematica di questa distorsione temporale. Gli uomini della sua vita subiscono passivamente ogni suo atteggiamento, anche il più egoista, anche quando si tratta di arrivare ad ignorare un marito e una figlia. Cosa impensabile per l’epoca e in definitiva troppo forzata per l’economia del racconto.

Inoltre, purtroppo, non conosciamo nulla del passato di Anna Allavena, prima di quell’estate del 1934. L’autrice non fornisce alcun aneddoto e descrizione utili a capire la formazione di una protagonista così affascinante. Come sappiamo, “La Portalettere” è ispirato ad una persona realmente esistita, ovvero la bisnonna della Giannone. Questo avrebbe dovuto garantire un minimo di costruzione della vita della reale protagonista del racconto, anche romanzandola.

La lettura risulta scorrevole, grazie a uno stile di scrittura poco sofisticato, anche se a tratti un po’ troppo semplice. Lascia un po’ perplessi la gestione dell’enorme salto temporale che porta al secondo Dopoguerra.Il tutto si riduce al comunicato radio che sancisce la fine dei bombardamenti e a qualche riga che mette in evidenza l’incredulità e la gioia dei protagonisti, tornati subito alle loro vite, senza particolari stravolgimenti. In definitiva non si dice nulla dell’ultimo e più violento periodo che la storia del mondo abbia conosciuto e si accenna appena al littorio e alla dittatura fascista. Anche il finale lascia dell’amaro in bocca, essendo si emozionante ma troppo sbrigativo e un po’ surreale.

Nel complesso si tratta comunque di un buon libro, scritto con cuore e passione, che incuriosisce il lettore e riesce a coinvolgerlo fino all’ultima pagina. È mancato forse un po’ di coraggio nel dare ai personaggi un aspetto più ruvido e trasgressivo, a discapito di quell’aurea romantica che ci avvolge fin dalle prime righe.

Una storia di emancipazione e di riscossa sociale che riesce ad essere di grande attualità e che si conclude con un’enorme conquista per Anna e per tutte le inconsapevoli donne di Lizzanello.

Carico i commenti... con calma