La musica non è fatta solo di note o di partiture. E purtroppo qualcuno questo l'ha compreso troppo tardi. Perchè recensisco ora, un disco di puro shred? Perchè credo sia educativo e anche didattico far sapere cosa non si deve fare con uno strumento musicale, e cosa si dovrebbe, per lo meno, cercare di fare quando si scrive musica.

Al di là della grandezza tecnica che, ad onor del vero, può esser solo ammirata, per nulla superabile, né eguagliabile. Perchè Francesco Fareri è sicuramente un grande strumentista, dotato di una tecnica inverosimile, ma incapace di scrivere brani che, per un attimo, evitino il mondo shred a favore di un maggior sentimentalismo musicale. Dico così perchè Fareri ci ha abituato a due dischi di shred frenetico, ai limiti dell'assurdo: 'Suspension' e 'Forbidden Dimension' erano due piccole gemme nel mondo della chitarra ipertecnica, ma per chi non è avvezzo a tale estremismo musicale, quel genere risulta a tratti inascoltabile. E dico così perchè, questo nuovo “Secrets Within” è sicuramente un buon disco, per chi ha l'udito abituato. Ma un vero e proprio obbrobrio per chi certa musica la comprende come comprenderebbe il linguaggiodi uno scarafaggio.

Apprezzo Fareri: un ragazzo umile e musicalmente testardo: scrive e suona ciò che sente, con grande passione e professionalità. Ed è da apprezzare per questo. Ed è anche da apprezzare un notevole impegno nello stilare delle linee melodiche e un maggio approccio melodico alla sua musica, che questo Secrets within mostra in maniera leggermente velata. Purtroppo il tentativo di rendere più ”ascoltabile” la sua musica, rimane vano. E mi ritrovo nell'ascoltare scariche di note su note. E anche la parte acustica del lavoro rimane un tentativo uscito leggermente male. Non si confonda questo genere con il più classico prog metal. C'è poco di prog in questo doppio disco, perchè tutto rimane nella costante ricerca e ostentazione tecnica, classica di un genere quale lo shred.

Lo shredder romano articola la sua tecnica tra brani quali la title track, “Secrets within”, la quale è un classico brano ultra veloce, pieno di sweeps e di pennate alternate velocissime, inoltre arricchito dalle tastiere di Vitalij Kuprij, opsite d'onore e relativa controparte shred sulle tastiere. Il brano si articola tra piccole parti melodiche, ma rimanenti sempre in questo contesto di ultra tecnicismo che potrebbe risultare molto fine a se tesso, se non si conoscesse l'artista. “Circles” gioca più con i tempi dispari e con gli artifici classici delle ritmiche progressive, ma sono 8 minuti interminabili, densi di atmosfere povere di sentimento. Sono i primi due brani e la situazione decade completamente nei successivi. Fareri ama la tecnica e lo dimostra in maniera decisa e caparbia nelle successive “Lies” e “The Waves”, tra l'altro un brano abbastanza prevedibile e scontato. Questi due brani sono interrotti invece da un ottimo pezzo di chitarra pulita. Un esperimento che Francesco inserisce spesso e questa volta, in una dimensione più intimista, va meglio: “Sonic Garden” rappresenta l'artista che si lancia in piccole parti in tapping, creando un buonissimo tappeto sonoro denso di delay ed echi che rendono l'atmosfera a tratti eterea e sognante. Si ritorna sui tappeti della frenesia con “Destiny” e “Liquid World”. Due ottimi brani shred, per chi li apprezza. “present Glow” è un inutile intermezzo di basso elettrico, che ho trovato sinceramente inutile, per poi affondare nelle stranezze compositive di “Scenes”. Chiude la prima parte del disco per approdare a quella che sembrerebbe essere la parte più densa di melodia e di sentimento che Fareri abbia mai composto.

Se la prima parte, come titolo, aveva Into the dark line”, questa nuova vita del chitarrista si intitola “Out of the dark line”. Si esce dal puro shred per entrare in un mondo fatto di pianoforte e chitarra acustica. “Parallel lives” apre le danze. Ma la chitarra acustica si sente ben poco, a vantaggio di arpeggi di pianoforte (suonati dalla stesso Fareri). Un brano che ha lasciato il mio interesse insoddisfatto. “Wood of silence” continua questa linea tastieristica, con la totale assenza di chitarra acustica. Certo, ad onor del vero questo rende tutto più interessante e crea una forte antitesi tra il chitarrista e il pianista, ma sebbene ci sia un forte interesse melodico, questa presunta melodia non torva un adeguato sviluppo. “Masquerade” porta la chitarra acustica su dei terreni più consoni, peccato che il lavoro acustico di Fareri sia poco buono a mio avviso. “Undefined” è un brano sorretto dalla sola acustica, poco bello a mio avviso, suggestivo però: buoni arpeggi, poco buone alcune linee solistiche. Nulla di eccezionale per tornare presto con “Seasons” e “Secret world” in mondi fatti di solo pianoforte, poco sviluppato con buone idee usate in maniera non del tutto buona.

Si chiude un faticoso e vorticoso viaggio nell'arte di fareri. Se questo giovane e incredibile chitarrista va apprezzato per le sue enormi doti tecniche, lo stesso non posso dire per il suo lavoro musicale, che, ancora oggi, mi appare sempre più strano e a tratti davvero poco interessante. L'impegno c'è, c'è un forte studio nel rendere la propria musica interessante, ma questa ricerca, finora, ha portato Fareri a creare qualcosa che rimane sempre simile a sé stessa, povera di reali sviluppi che meritino un ascolto amorevole.

D'altronde, è uno shredder, e come tale, l'ascolto è consigliato a chi ama il genere.

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