La domanda è la consueta: perchè andare a un concerto del Guccio in pieno 2009? Perchè è giusto, è bello, e ti emoziona. Ne avrò visti una decina negli ultimi vent'anni, ed è bello guardarsi indietro e ricercare le sensazioni e le età che si sono susseguite. Lui per me c'era venti e più anni fa e c'è ancora, una certezza acquisita, un padre.

E allora è bello guardare con occhio accigliato gli ambulanti di improbabili magliette gucciniane (di gusto particolarmente orrido), poi fare un passo al bar e accorgersi che ancora una volta è tutto pieno: cazzo, quest'omone di quasi 69 anni scende dalla montagna  e li trova sempre lì. I concerti di Francesco non sono diventati un rito ora, lo sono da almeno venticinque anni. E allora ci sono, al solito, i padri giovani che ci tengono a portare i bambini, anche piccoli, ci sono i ragazzi pugnalzato, ci sono i trenta quarantenni con la lacrima, ci sono quelli più in là con l'età, a guardarlo assorti, pensosi. Perchè il tempo, tema portante della sua poetica, concetto proprio ribadito da Francesco all'inizio del concerto; è passato e le parole che canti a memoria da una vita paiono farsi più chiare; più tangibili.

Ci sono tutti e ci sono anch'io che riesco pure a commuovermi su Farewell, penso ai ragazzini, davvero tanti, che sentono parlare d'amore da quest'uomo e mi sembra una cosa importante.

Le  scaletta non è importante, alla fine. C'è un inaspettato recupero de 'Il Tema', e gli applausi scrosciano forti, un paio di pezzi inediti, il grande regalo di 'Canzone quasi d'amore' e via così fino alla 'Locomotiva'. Francesco alla fine si dice commosso, e noi sappiamo che è vero. Ora può tornare per un po' a Pavana tra i suoi libri quelli da leggere e quelli da scrivere; gli rimarrà, ne sono certo, la gioia di avere fatto per un altra volta ancora felici delle persone. Delle belle persone. 

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