Etimologicamente la parola "idiota" sta a descrivere colui il quale trascorre la sua vita privata lontano dai pubblici uffici.

Tirare un boomerang prima di andare in ufficio, costruire modellini con i fiammiferi e colla non sono solo un passatempo, ma una via di salvezza dalle brutture della vita o più semplicemente dallo stress. Sono le attività extra lavorative che portano l'individuo a recuperare il proprio equilibrio mentale. Allo stesso modo dei sedicenti intelligentoni, passano il tempo a cercare persone cretine per sentirsi un po' meno cretini. Ma il meccanismo è lo stesso. Solo che il farlo in gruppo li protegge apparentemente da sensi di colpa meglio distributi. Questo si evince dalle prime battute della pellicola.

Chi è davvero il cretino in questa storia? Nel film lo spettatore si trova a seguire la vicenda dei due protagonisti, Thierry Lhermitte (il bello, l'editore con l'appartamento lussuoso) sempre a caccia di qualche cretino per le cene a tema e Jacques Villeret (grassoccio, calvo, goffo e bonaccione) il presunto idiota, l'invitato. Cosa è un idiota? Come nel romanzo di Dostoevskij entrambe i protagonisti, con le loro diverse storie scoprono di sé stessi e i propri limiti nel momento di maggior sofferenza. L'autore ci descrive una realtà in cui la continua corruzione dell'animo umano finisce per essere contagiosa, ponendoci di fronte ad una situazione d'impotenza e frustrazione (Lhermitte non si accorge nemmeno che sta perdendo sua moglie fino a che non riceve una telefonata da parte di lei che dice "non tornerò, dopo di che cerca disperatamente di rintracciare la sua amata con mille telefonate tra il dolore della schiena e l'aiuto-non aiuto del cretino). L'idiota finirà con la riflessione sulla propria delusione, maturando nel momento in cui la sconfitta (perdita dell'amata per entrambe i protagonisti) ci porta inequivocabilmente ad una situazione di estrema insicurezza (solitudine e rifugio in attività alternative, attesa di risvolti imprevedibili).

Nell'idiota Dostoevskij narra di un mondo che conosce soltanto valori materiali (il protagonista Lhermitte ha la casa piena di "ninnoli" di valore che si affretterà a nascondere non appena alla porta si presenterà uno zelante impiegato del fisco). Tutto il romanzo dell‘autore russo ruota intorno alla figura del protagonista, il principe Myskin, uno spirito puro, incapace di adeguarsi al cinismo, alla meschinità che dominano intorno a lui: con la sua disarmante bontà, la sua innocenza assoluta, egli aspira all'armonia totale (e nel film si rivede Villeret nella sua bontà, generosa ingenuità e la ricerca di un'alternativa alla sofferenza attraverso il passatempo dei fiammiferi, che a sua detta lo ha salvato dalla fine). Non sarà facile "schierarsi" per lo spettatore, confuso dai paradossi che ribalteranno le convinzioni iniziali.

Film francese del 1998 ampiamente riuscito sotto il profilo della comicità con la maschera di commedia. Come ingredienti, oltre al dramma della perdita dell'amata, c'è una storia di amicizia ritrovata, una piccola battaglia con le proprie paure e un filo conduttore grottesco e teneramente paradossale.

Questa cena, citata nel titolo e tanto attesa però non arriva mai. All'inizio lo spettatore è portato a credere che nonostante le interferenze, prima o poi i fatti si svolgano nel luogo stabilito, e si prepara a grasse risate. Sono invece le interferenze, le varianti inaspettate a diventare trainanti e centro dell'attenzione. Una sorta di collaudata suspence, operata dal bravo regista Francis Veber, che diverte perché spiazza ed il sapore dell'imprevisto non ha sempre un sapore amaro. E qualche spettatore alla fine rischierà di sentirsi un po' cretino.

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