Con questo disco Franco Battiato inanella dei saggi d'amore e di poesia decadente degna dei grandi poeti di tale movimento, e composti da diversi cantautori, italiani e non; indolentemente adagiati su un ‘velluto' di archi e piano.

Il disco apre con un omaggio a De André, ‘La canzone dell'amore perduto', canzone che non richiede aggiunte, se non d'essere citata nelle strofe più belle: ‘... Vorrei dirti ora le stesse cose, ma come fan presto, amore, ad appassire le rose, cosi' per noi...e quando ti troverai in mano, quei fiori appassiti al sole di un aprile ormai lontano, li' rimpiangerai...' Su un sottofondo classico e di tastiera più simile all'organo.

Segue ‘Ruby Tuesday', dei Rolling Stones, che ha fatto più volte il giro del mondo e incasellata perfettamente nel flusso del disco, che passa poi per ‘Jentends siffler le train' pronunciata con le stesse licenze artistiche della precedente, sepre posata su un incedere lento e trasognato. Si passa a ‘Aria di neve', di Sergio Endrigo, con sottofondo di Nocturne e testi fra cui: ‘Noi siamo qui', tra le cose di tutti i giorni, i giorni e i giorni grigi, aria di neve sul tuo viso... è una vita impossibile, questa vita insieme a te, tu non ridi, non piangi, non parli più...lungo la strada del nostro amore, ho già inventato, mille canzoni nuove, per i tuoi occhi, più di mille canzoni nuove, che tu non canti mai...' - Cantati con grande espressività.

Segue ‘Ed io tra di voi' che ne sembra la continuazione più ovvia, ma scritta da Charles Aznavour, con testi rassegnati di chi scopre di non essere più amato da una donna attraverso degli sguardi camuffati rivoti ad altri. Anche la successiva ‘Te lo leggo negli occhi' sembra continuare il senso delle precedenti, metre ‘La canzone dei vecchi amanti' instilla un aumento metrico, scritta da Jacques Brel, ed è la mia preferita di questo disco: il testo originale in francese rimane intatto nel ritornello, stretto in tale definizione: ‘Mon amour mon doux, mon tendre, mon merveilleux amour de l'aube claire jusqu'à la fin du jour je t'aime ancore, tu sais, je t'aime'. Stupenda nel modo in cui s'appoggia nella metrica di violino.

Altra canzone, stavolta dai testi napoletani, è ‘Era de maggio' che non cito perché sinceramente la canzone napoletana ha scritto capitoli impareggiabili anche da Battiato. La canzone successiva sempre francese, tradotta, ripresenta inizialmente il suono ovattato del vecchio mangiadischi, poi limpido. Segue una canzone contenuta anche in ‘La Cura', ovvero ‘Amore che vieni amore che vai' che mantiene le coordinate de disco cosi' come le seguenti proprie invece di Franco Battiato.

A mio pare è un bel disco tratto da influssi cosi' diversi e cosi' bene amalgamati all'interno di un'impressione romantica, pur dai toni molto tristi e per tanto non facilmente assimilabili.

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