Il primo album dal vivo del cantautore siciliano. Doppia opera che annovero tra le più evocative della sua intera produzione.
Si inizia con la stupenda "Giubbe rosse", unica composizione inedita, definita da Battiato stesso "un inno alla Sicilia", i cui cieli era giunto "a mitizzare" dopo essersene allontanato per il nord Italia (nord Italia dal quale sarebbe iniziata la sua ascesa verso vette musicali, paragonabili a quelle della catena himalayana). Il testo richiama immagini della sua giovinezza nell'isola natia e traspare la gioia di ritrovarla uguale nei ricordi. Sono evocati paesaggi, luoghi, abitudini, azioni reali o immaginarie da compiersi ("passare dal mercato del pesce, prendere i collari in farmacia per i cani e ritirare i vetri cattedrale del gazebo"), il tutto su una musica molto ritmata, in cui ogni strumento si amalgamano con maestria.
Le tracce successive sono estrapolate da concerti tenutisi a Parigi, Madrid e Milano.
Le prime tre canzoni sono composizioni scritte dal cantautore siciliano per altrettanti interpreti (Milva, Dalla e Morandi, Giuni Russo). Si tratta della credo molto nota "Alexander Platz", malinconico racconto della vita nella Berlino divisa dal muro. Battiato racconta l'esistenza grigia di una donna in quel luogo e in quel tempo difficili. Piena di pathos fin dalla prima nota, culmina nel potente ritornello che sembra un urlo di rabbiosa rassegnazione a quella situazione.
Una chitarra elettrica si aggiunge, assecondandone la melodia, all'introduzione orchestrale di "Lettera al governatore della Libia". E' una tragica e irriverente rievocazione della vita durante la nostra disgraziata esperienza coloniale. Un "ricordo inventato sulla base di dati storici" come ha affermato l'autore. Giuni Russo (per la quale è stata scritta), qui duetta con Battiato. Il risultato è eccezionale.
"Mesopotamia", nella quale Battiato descrive la sua infanzia, parte con un piano vivace. Vi sono molti cambi di ritmo e come al solito gli strumenti si amalgamano con maestria. Il ritornello è tra le cose più belle che io gli abbia mai sentito cantare, la voce ispirata canta rapita di luoghi reali ma remoti nello spazio e nel tempo ("la valle tra i due fiumi della Mesopotamia").
L'inconfondibile, veloce, gioiosa danza di violini mi fa già assaporare "L'era del cinghiale bianco", splendido inno introdotto e accompagnato, dopo l'enigmatico ritornello, appunto dagli archi che dal vivo chiamano, ad accompagnarne la cadenza, il battimani del pubblico (Battiato, difficilmente interattivo con gli spettatori, se non attraverso sorrisi dispensati con generosità, dal vivo incoraggia a seguirne il ritmo). L'attacco di "Un'altra vita" è tranquillo, il ritornello aumenta il ritmo su un testo che parla da sé. La scoperta del desiderio, forse latente nel nostro subconscio, di voler cambiare una vita un po' grigia, resa tale dalla piattezza della terza linea del metrò che avanza in mezzo al traffico, dalle auto parcheggiate in tripla fila o dai telecomandi attraverso i quali possiamo visualizzare vite meno grigie ma, forse anche per il loro sfolgorio di luci, assai più fasulle (qui vengono citati Dallas e Anche i ricchi che piangono).
Dall'amara disamina di una vita che andrebbe sostituita, si passa a "Voglio vederti danzare", la cui intenzione espressa nel titolo rivela tutta la vivacità del pezzo. Vengono citati i dervisci danzanti, dalla cui mistica danza Battiato è affascinato. Il primo disco termina con "L'oceano di silenzio". Le danze frenetiche e i malesseri speciali di "Un'altra vita" lasciano il posto all'assenza di suoni, in una dimensione di calma. La leggera orchestrazione accompagna un testo bellissimo... Acque, che immagino senza moti ondosi o increspature, si fondono con il cielo, l'anima vi galleggia, assaporando un po' di beatitudine.
Il secondo disco inizia con tre pezzi dei primissimi lavori di Battiato.
Personalmente mi rammarico di non aver mai avuto la possibilità di ascoltare queste composizioni in un suo concerto. Sono da brividi. In "Sequenze e frequenze", tastiere ammantano l'ambiente di magia, la voce incanta per quanto è evocativa, la chitarra veste di modernità il pezzo. Seguono "Aria di rivoluzione" e "No U Turn" che trattengono l'ascolto su un livello quasi sognante.
"Summer on a Solitary Beach", testo tra i più belli, disegna immagini da sospiri di desiderio (anche solo un giorno, in una spiaggia solitaria, sabbia bianca, sciabordio dell'acqua cristallina, un amaca...Insomma, "l'aria delle cose che diventa irreale").
"Cuccurucucu" e "Centro di gravità permanente", conosciute e molto amate, fanno battere mani all'unisono e accompagnare il cantato. La prima inizia con un arrangiamento bellissimo, solo chitarra elettrica e voce. Meno conosciuta la successiva "Gli uccelli", molto dolce. Essendo l'album "La voce del padrone" quasi totalmente rappresentato, peccato per l'assenza della stupenda "Segnali di vita". Si chiude con "E ti vengo a cercare", dall'incedere in crescendo, capolavoro di eleganza, canzone d'amore e, più approfonditamente, di ricerca della propria essenza più pura.
Le esperienze di Franco Battiato, la sua arte, il suo talento musicale che ce lo mostra come un cantautore compiuto, la sua umanità, in questo doppio album dal vivo si fondono per darci modo di cogliere l'intensità di emozioni musicate e portate nei teatri.
Elenco tracce testi samples e video
01 Giubbe rosse (04:20)
Abito in una casa di collina
E user� la macchina tre volte al mese
Con 2000 lire di benzina
Scendo gi� in paese.
Quante lucertole attraversano la strada
Vanno veloci ed io pi� piano ad evitarle.
Quanti giardini di aranci e limoni
Balconi traboccanti di gerani
Per Pasqua oppure quando ci si sposa
Usiamo per lavarci
Petali di rose
E le lucertole attraversano la strada
Com'� diverso e uguale
Il loro mondo dal mio.
Vivere pi� a sud
Per trovare la mia stella
E i cieli e i mari
Prima dov'ero.
Passare dal mercato del pesce
Prendere i collari in farmacia per i cani
E ritirare i vetri cattedrale del gazebo.
Il fuoco incandescente del vulcano
Allontan' il potere delle Giubbe Rosse
E come sembra tutto disumano
E certi capi allora e oggi
E certe masse
Quanti fantasmi ci attraversano la strada.
Ritornare a sud
Per seguire il mio destino
La prossima tappa
Del mio cammino in me
Per trovare la mia stella
E i cieli e i mari
Prima dov'ero.
02 Alexander Platz (03:24)
E di colpo venne il mese di febbraio
faceva freddo in quella casa
mi ripetevi: sai che d'inverno si vive bene come di primavera!
S� s� proprio cos�.
La bidella ritornava dalla scuola un po' pi� presto per aiutarmi
"ti vedo stanca
hai le borse sotto gli occhi
come ti trovi a Berlino Est?"
Alexander Platz aufwiederseen
c'era la neve
faccio quattro passi a piedi
fino alla frontiera:
"vengo con te".
E la sera rincasavo sempre tardi
solo i miei passi lungo i viali
e mi piaceva
spolverare fare i letti
poi restarmene in disparte come vera principessa
prigioniera del suo film
che aspetta all'angolo come Marlene.
Hai le borse sotto gli occhi
come ti trovi a Berlino Est?
Alexander Platz aufwiederseen
c'era la neve
ci vediamo questa sera fuori dal teatro
"ti piace Schubert?"
04 Mesopotamia (04:23)
Lo sai che pi� si invecchia
pi� affiorano ricordi lontanissimi
come se fosse ieri
mi vedo a volte in braccio a mia madre
e sento ancora i teneri commenti di mio padre
i pranzi, le domeniche dai nonni
le voglie e le esplosioni irrazionali
i primi passi, gioie e dispiaceri.
La prima goccia bianca che spavento
e che piacere strano
e un innamoramento senza senso
per legge naturale a quell'et�
i primi accordi su di un organo da chiesa in sacrestia
ed un dogmatico rispetto
verso le istituzioni.
Che cosa rester� di me? Del transito terrestre?
Di tutte le impressioni che ho avuto in questa vita?
Mi piacciono le scelte radicali
la morte consapevole che si autoimpose Socrate
e la scomparsa misteriosa e unica di Majorana
la vita cinica ed interessante di Landolfi
opposto ma vicino a un monaco birmano
o la misantropia celeste in Benedetti Michelangeli.
Anch'io a guardarmi bene vivo da millenni
e vengo dritto dalla civilt� pi� alta dei Sumeri
dall'arte cuneiforme degli Scribi
e dormo spesso dentro un sacco a pelo
perch� non voglio perdere i contatti con la terra.
La valle tra i due fiumi della Mesopotamia
che vide alle sue rive Isacco di Ninive.
Che cosa rester� di noi? Del transito terrestre?
Di tutte le impressioni che abbiamo in questa vita?
05 L'era del cinghiale bianco (03:39)
Le sento più vicine le sacre sinfonie del tempo
con una idea: che siamo esseri immortali
caduti nelle tenebre, destinati a errare;
nei secoli dei secoli, fino a completa guarigione.
Guardando l'orizzonte, un'aria di infinito mi commuove;
anche se a volte, le insidie di energie lunari,
specialmente al buio mi fanno vivere nell'apparente inutilità
nella totale confusione...
Che siamo angeli caduti in terra dall'eterno
senza più memoria: per secoli, per secoli,
fino a completa guarigione.
06 Un'altra vita (03:00)
Certe notti per dormire mi metto a leggere,
e invece avrei bisogno di attimi di silenzio.
Certe volte anche con te, e sai che ti voglio bene,
mi arrabbio inutilmente senza una vera ragione.
Sulle strade al mattino il troppo traffico mi sfianca;
mi innervosiscono i semafori e gli stop, e la sera ritorno con malesseri speciali.
Non servono tranquillanti o terapie
ci vuole un'altra vita.
Su divani, abbandonati a telecomandi in mano
storie di sottofondo Dallas e i Ricchi Piangono.
Sulle strade la terza linea del metrò che avanza,
e macchine parcheggiate in tripla fila,
e la sera ritorno con la noia e la stanchezza.
Non servono più eccitanti o ideologie
ci vuole un'altra vita.
07 Voglio vederti danzare (03:25)
Voglio vederti danzare
come le zingare del deserto
con candelabri in testa
o come le balinesi nei giorni di festa.
Voglio vederti danzare
come i Dervisches Tourners
che girano sulle spine dorsali
o al suono di cavigliere del Katakali.
E gira tutt'intorno la stanza
mentre si danza, danza
e gira tutt'intorno la stanza
mentre si danza.
E Radio Tirana trasmette
musiche balcaniche, mentre
danzatori bulgari
a piedi nudi sui braceri ardenti.
Nell'Irlanda del nord
nelle balere estive
coppie di anziani che ballano
al ritmo di sette ottavi.
Gira tutt'intorno la stanza
mentre si danza, danza.
E gira tutt'intorno la stanza
mentre si danza.
Nei ritmi ossessivi la chiave dei riti tribali
regni di sciamani
e suonatori zingari ribelli.
Nella Bassa Padana
nelle balere estive
coppie di anziani che ballano
vecchi Valzer Viennesi.
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