"Juke Box", del 1978, é il settimo album di Franco Battiato, il penultimo della serie sperimentale, iniziata nel 1971 con "Fetus", che miscelava suoni mediterranei con suoni dell'alta scuola tedesca elettronica (Tangerine Dream, Can, Stockhausen). Battiato, in seguito proseguì con questo stile in "Pollution", di un anno dopo, poi "scoprì" alcuni strumenti classici e li amalgamò con dei precedenti album: questo mix diede origine a "Sulle Corde di Aries", del 1973. Successivamente, l'artista siciliano scoprì il collage sonoro e i suoi dischi diventarono ancora più sperimentali (lo testimoniano "Clic" e "M.elle le Gladiator", del periodo '74-'75, stile che si consolida anche con "Battiato" del 1977).

"Juke Box" è quindi il settimo tassello di questo percorso innovativo, unico nel nostro Paese. Si tratta di sei composizioni per archi, piano, soprano e coro, ed esse necessitano di molta pazienza per essere ascoltate attentamente, anche perché si tratta di sei brani "difficili". Ci sono anche dei momenti buoni: da segnalare, in positivo, "Hyver", il pezzo più brillante del disco, dove c'è un ottimo intervento del soprano Alide Maria Salvetta. La melodia di "Agnus" sarà ripresa in "Stranizza d'amuri", di un anno dopo. "Juke Box" è un album più o meno ingiudicabile, anche perchè non si capisce se Battiato, al tempo, volesse realizzare un buon album di musica contemporanea (e in questo caso non ci è riuscito) o se volesse realizzare un album di canzoni volutamente brutte (e ci è riuscito). C'è anche da dire che la lavorazione del disco è stata in qualche modo "forzata", poichè i brani erano stati composti per essere la colonna sonora di un tele-film, "Brunelleschi", ma, a quanto pare, i produttori rifiutarono le musiche di Battiato perchè le giudicarono inadatte al contesto.
Un suggerimento: non fermatevi al primo ascolto.

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