Il_Paolo: "E... state con me" n. 3 

Ciao ragazzi/e, uno dei temi su cui mi piace riflettere maggiormente nelle mie recensioni è la dissipazione del talento, come pure l'incapacità, da parte del pubblico, dei contemporanei o dei fruitori di un'opera - specie se "minore" - a riconoscere il suo esatto valore, la sua dimensione espressiva, schiacciandola fra in quella che chiamiamo moda, e che, nella sostanza, rappresenta il superfluo. Per cui capita che grandi artisti vengano bollati come figure secondarie, o ancora degnati di uno sguardo superficiale, frettoloso, che finisce per schiacciarli nello "stereotipo", ovvero nell'immagine di comodo che ci facciamo dell'Uomo, prima ancora che della sua Opera.

Franco Califano, è vero, ci ha messo del suo, a dissipare il suo talento e ad occultare la sua Poesia dietro il personaggio, dietro la maschera da dissoluto pazientemente costruita negli anni: e così, non ci stupiamo ad immaginarlo mentre canta e declama i suoi versi in qualche equivoco locale romano, ad inizio anni '80, fra vizi assortiti e banditi locali che lo idolatrano, quasi lo vediamo passare da letto sfatto a letto sfatto in compagnia di nobildonne e di mignatte, di madri insoddisfatte e di ragazze alla ricerca di storie forti, lo vediamo nella parte del traditore e forse anche del tradito, del terzo incomodo e del malandrino impenetrabile; non ci stupiamo, quasi trent'anni dopo, a vederlo invecchiato ed asmatico, con un naso stranamente assottigliato rispetto al profilo grecizzante delle origini, apparentemente solo nel dispensare consigli da vecchio satiro alle telecamere di Lucignolo, piuttosto che di Music Farm.

La sostanza è che Califano si è occultato: ha vissuto, e la sua vita piena, come pure piena di errori e deviazioni, ha coperto, negletto, lo scrittore, il poeta, l'Artista che è in lui, l'interprete di splendide pagine della musica italiana che, fortunatamente, possiamo comunque recuperare, per vederle restituite alla loro autentica dimensione.

Califano è, in verità, "il" cantante dell'Estate: come stagione della massima esplosione vitale, presaga tuttavia del futuro accorciarsi dei giorni, dell'Autunno e dell'Inverno come stagioni e come età; come stagione in cui gli alberi e la terra danno frutti in abbondanza, quasi a sovraccaricare l'individuo di ricchezze, esaudendo ogni suo desiderio, e facendogli perdere il gusto stesso della conquista, della cattura del frutto; come stagione del sentimento fugace e dell'effimero, di ciò che dura un attimo e poi scompare, così in terra come nel cielo delle stelle cadenti agostane.

Il riposo, la diversione vacanziera, la conquista stessa del piacere tanto agognato, ma in fondo non goduto appieno, proprio perché attuale, nudo, spoglio nella sua mortalità, si risolvono, in Califano, in un unico sentimento: la Noia, quella sorta di Cupio Dissolvi in cui l'Uomo, raggiunto l'apice della propria esistenza, si lascia all'abbandono, al degrado, dimentico di sé, delle proprie qualità, del proprio destino.

In questi termini mi piace interpretare alcuni testi che trovate in questa ricca antologia, ideale se avete in programma lunghi spostamenti in auto, o lunghi pomeriggi passati soli o in compagnia (non cambia nulla) in una spiaggia, in una piscina, o in una camera di un tre stelle, o anche passeggiando per la vostra città: "Tutto il resto è noia" descrive la fatale deriva dell'ardore sentimentale nella routine quotidiana con mirabili versi "inventi feste e inviti gente a casa/così non pensi almeno fai qualcosa/si, d'accordo, ma poi....; "Una favola d'estate" sceneggia alla perfezione il senso degli amori di spiaggia ed il loro destino di separazione cantandoci come "l'autostrada porterà lentamente la realtà nelle nostre due città/una favola d'estate va a finire tra le ruote/di due auto che van via spinte a gran velocità/qui fra poco pioverà;" "Roma nuda" la vedo ideale come storia di una vacanza passata a casa propria, girando per le strade vecchie, e sempre nuove, del proprio quartiere, declamando "Roma nuda... scusa si perdo lacrime pe' strada/mal che vada fa finta che so' gocce de rugiada/piuttosto che sta' solo dentro al letto/vado randagio in quarche violetto"; "La vacanza di fine settimana", seppur tradisce un'ambientazione montana ed invernale, simboleggia l'implosione di una coppia nella scelta della meta vacanziera, nel ripetere incessanti le vecchie abitudini, i vecchi passi, nel rivedere le vecchie conoscenze come ben sanno coloro che, anno dopo anno, tornano in vacanza negli stessi luoghi: "C'è un bel ramino appena organizzato!/Intanto 'ncominciate 'n tre, cor morto!/Date le carte, 'n attimo, che arivo!/Si nun me metto a letto, io nun vivo/Me butto 'nbranda, prima che vie' giorno,giocassero cor morto, ch'io m'addormo!". Non vedo che aggiungere.

Sapete che di solito, le mie recensioni sono anche dei velati consigli per l'ascolto, e fors'anche per l'acquisto: e tuttavia, in questo caso, vi consiglio un assunzione moderata della vostra dose di Califano settimanale. Lui è un saggio che ha capito come gira il mondo, ed ha deciso di celarsi dietro la sua apparente follia per distaccarsene, voi, per la verità, non so.

Francamente Vostro,

 Il_Paolo

Carico i commenti... con calma