La storia ci ha lasciato in eredità tragedie infinite. Alcune di queste si possono considerare perifrasi e riflesso di quella latente follia dell'uomo che scandisce di tanto in tanto la nostra esistenza. Si parla qui di un progetto a dir poco scriteriato concepito da uomini che vivevano fuori dalla realtà; una flotta, composta da navi miserabili, governata da contadini e pastori, e inviata dal Baltico fin'oltre ai confini del mondo, fino in Giappone. E là questa flotta deve combattere, schiacciare quella giapponese e salvare la base assediata, Port Arthur. Una follia e una delle più grandi tragedie dell'assurdo. Il libro si intitola Tsushima (efficace il titolo inglese, The Voyage Of The Forgotten Men), è del tedesco Frank Thiess, giornalista che ha vissuto due guerre mondiali e che racconta il conflitto russo-giapponese. Scritto nel 1936 ed edito in Italia da Einaudi, Il romanzo vive di una dicotomia pressante: il linguaggio è preciso, i tecnicismi non mancano, perché la realtà materiale dei fatti è indiscutibile. Ma sotto la pelle delle battaglie, delle scelte politiche, ronza un beffardo surrealismo, echeggia l'inascoltato «perché» di questa insensata avventura perduta nel tempo, i cui motivi sfuggono all'umana comprensione.

Ma qui si parla di Russia, una nazione per certi versi incomprensibile. Thiess è originario della Livonia, regione Baltica che ha conosciuto gli svedesi, i cavalieri teutonici e gli zar. E la Russia zarista è il pachidermico impero in putrefazione, corroso dalla corruzione, dal nepotismo, dall'odio scriteriato dei rivoluzionari, che ha partorito questa impresa. I pochi che vogliono il bene della Russia, sono isolati, inascoltati, odiati. Come l'anima pratica di questa avventura, l'ammiraglio Rozhedestvensky; ama il suo Paese, e per questo si accanisce con furia contro il fango della burocrazia corrotta. Per questo è un nemico della casta di Pietroburgo, per la quale la guerra è un fastidio lontano, o peggio, un modo sicuro per schiacciare la rivoluzione montante. Egli, da solo, con tenacia inumana e ferrea volontà, ha portato quelle navi spregevoli per un viaggio lungo ventimila miglia attraverso tre oceani, e si è presentato all'appuntamento con l'ammiraglio Togo e con la sconfitta. O meglio, con la distruzione, perché la flotta russa verrà frantumata. Terribile la descrizione della battaglia, dove gli uomini vengono ridotti in poltiglia sotto il tiro nemico, le navi si sfasciano, affogano nel loro sangue, vengono scorticate vive, si autoaffondano o si arrendono per evitare il massacro.

Dal libro emerge un quadro grandioso, ficcante, a volte struggente. Emerge la figura melanconica e silenziosa del soldato russo, il "martire grigio", votato alla sconfitta e all'umiliazione, ma enorme nel suo coraggio e determinazione anche nella rovina. Emerge lo zar Nicola II, pavido, indeciso, misticamente devoto al suo paese ma incapace di capirlo. E c'è la rivoluzione, assetata di sangue «senza testa, solo piedi che schiacciano», e per questo fallita in partenza. Spicca la figura tragica di Rozhedestvensky, lo sconfitto. Gli uomini, lo temono, ma lo amano;lo considerano un rivoluzionario, perché lui è dalla loro parte, soffre quello che soffrono, ed è nemico dei "signori di Pietroburgo", che hanno voluto creare questa flotta informe e poi l'hanno dimenticata. Sono loro i veri nemici; che però vinceranno. Ancora per dodici anni la Russia sarà nelle loro mani. Ma Thiess fa capire che anche la seconda rivoluzione non cambierà le cose: servirà solo per sostituire un'elite sciagurata con una nuova, che strangolerà il paese per settant'anni fino all'implosione.

Tsushima è un libro denso, non facile, a volte pateticamente eccessivo, a volte esasperato. Ma è un racconto umano, inquietante, crepuscolare e imperdibile. Un'Odissea che ha per ricompensa la sofferenza e la morte, e che sembra quasi una parabola. Quella di una vita che non ha significato, che si snoda tra mari sconosciuti, mentre il padre che ci ha messo al mondo ci volta le spalle, non ci dà risposte. Che ha un'unica conclusione possibile. Difficile anche solo immaginare il sentimento di uomini di terra trapiantati a bordo di navi scadenti, persi nell'immensità degli Oceani, che navigano verso una lotta disperata e verso la morte sullo sfondo di una patria remota e infiammata dalla rivoluzione, che non bada più a loro. E' uno di quegli eventi estremi che solo la storia può generare. Ed è un evento umano, voluto da uomini e combattuto da uomini.

Rozhedestvensky, sopravvissuto alla battaglia, sarà additato dal suo governo come responsabile della sciagura. Ma gli altri scampati raccontano, sanno, e il popolo è dalla loro parte, l'ammiraglio è acclamato da tutti. Non riusciranno ad accusarlo, ma lo isoleranno con infamia; morirà poco dopo. C'è stato chi ha avuto nobili parole di cordoglio per lui e per i suoi uomini: l'ammiraglio Togo, il suo avversario, il vincitore. Entrambi piangeranno, dopo la battaglia, la morte di tanti loro figli. Forse un barlume di grandezza nel mare tempestoso della follia.

 

 

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