Non so, sarà per via delle pagine succose del Riccardo o per quel drago che in sogno ballava una delle tue smandrappate sinfonie, ma i soli “topi caldi”, “zio pietanza” e “gran qualcosa” non bastan più.

Oh si, carissimo zio Frank, è giunta l'ora di mettersi in pari.

Lo devo al fuori luogo assoluto della tua faccia. Alla ritenzione nasale di Calliope, alla giovane zucca danzante.

Al pentolone dove mettevi di tutto: scarti, insensatezze, risate, soda caustica.

Al concerto visto a vent'anni di cui non ricordo nulla.

Alle quattro cinque estasi che mi hai regalato. Alla lieta follia.

Ai suoni provenienti dalla macchina di Balthazar o dalla bacchetta magica del professor Scanagatti di Totò a colori.

A come hai mescolato l'alto e il basso, memore, immagino, del noto e irrisolvibile dilemma di Aloysius Grunt che così recita: “se un topino fa marameo a un elefante, è più grande una cosa piccola o è più piccola una cosa grande?”

Intanto, per dimostrarti che faccio sul serio, ti dirò che mi sono accattato la tua biografia. Solo che poi, arrivato a pagina ventiquattro, ho smesso di leggere, Perché? Perché è a pagina ventiquattro, la dove Barry Miles racconta della tua passione per gli esplosivi, che si arriva all'essenziale.

Che, a quanto pare, facevi saltare le palline da ping pong riempendole di polvere pirica. O creavi buchi nel pavimento del garage giocando al piccolo chimico. E, nemmeno a cercarla mille anni, si potrebbe trovare una analogia più perfetta con la tua musica.

E comunque “sughi grumosi”, “donnole fameliche” e “panini bruciacchiati” a me!!! Io sono pronto. “Freak out” “Absolutel free”, eccomi!!! Sono assetato di capolavori.

Solo che poi, con un ghiribizzo assai zappiano, la ruota della fortuna fa uscire questo “Orchestral Favorites”. Oppure, più che un ghiribizzo, è solo che sul debasio manca la recensione.

Insomma un disco un tantino negletto.

Fa niente, Ci accontentiamo. Tanto più che il sinfonista bandista, ovvero colui che non ha bisogno di parole per offrirci musica con ghigno, è, forse, il mio Frank preferito. Del resto i grandi saggi ridono senza spiegarci nulla.

Dove ho letto (forse in un vecchio Adelphi?) di quei vegliardi lungocriniti, baffuti e magrissimi che a ogni questione filosofico/esistenziale rispondevano con la più garrula delle risate? Per caso eri uno di loro, Frank?

E comunque l'orchestra, sin dall'alba di “Freak Out” è sempre stata un tuo pallino e avrei voluto esserci quando, mentre lo registravi, ti presentasti in frac ai turnisti per poi tirar fuori la bacchetta magica, “dai, non dirmi che questo fricchettone ha scritto davvero della musica!!!”

Ma adesso vi faccio un poco di traco traco...tre pezzi su cinque...che gli altri due devo ancora digerirli..

(Uno)

“Strictly Genteel” è una meravigliosa fanfara dell'incertezza, Tutto è in preda a una sorta di assonnata magniloquenza, a un veleno che contiene in sé il suo antidoto. E sembra quasi di vederlo quel gigante dall'andatura instabile sempre vicino all'inciampo. Tra musichette, suoni volatili e orridi attacchi orchestrali, va in scena una specie di divertita suspance, come a dire “quando, quando andrà tutto all'aria?” Ma il gigante, sempre sul punto di cadere, non cade mai e Scanagatti e Von Karajan sono ancora li a far braccio di ferro.

(Due)

“Duke of Prunes” è puro gas leggero e, anche qui, il drago danza e sorride. Se qualcuno riuscisse a imbottigliarne il meraviglioso attacco sarebbe forse l'elisir di lunga vita. Buona anche l'ipotesi del brodo di giuggiole, anche se in chiave, assolutamente antisentimentale. Quel tipo di suono con appena uno zero virgola uno di stranezza, tra la musichetta e la lieta follia. Il problema è che non bisognerebbe scriverne, bisognerebbe fischiettarla. Fatelo.

(Tre)

In “Bogus Pomp” accade davvero di tutto e quasi ti immagino, Zio Frank, mentre con la vanga nutri l'orrenda macchina orchestra. Io vi consiglio di ascoltarne trenta secondi al giorno, non di più. E comunque, specie dal minuto sei in poi, c'è una favolosa lotta tra avanguardismo serio e non so bene cosa. Ancora Scanagatti vs Von Karajan? Si...

Bene, caro Frank, fermiamoci qui. Anche perché tu non eri certo tenero con chi sproloquiava sulla tua musica. E' colpa tua però. Sei tu che accendi la fantasia. E, a mia discolpa, ti dirò che io son più dalla parte di Jodorosky che di Wittgenstein. “Di ciò di cui non si può parlare bisogna parlare”. Amen...

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