E' un anima soul, morbida, candida.
E' un artista di una sensibilità estrema.
E' un re senza corona.
Hubbard è un gigante che giace in qualche cimitero, laggiù in California.
Son rimaste le sue tracce, soffici, corpose e madide di espressività.
Suoni classici e concreti, stilemi da old school, soffiano sull'epidermide accaldata, un jazz puro e profumatissimo.
Questo è Freddie Hubbard, trombettista capace, creativo e delicatissimo, protagonista di decenni di musica eccellente, capace di affiancare con docile maestria i mostri sacri dell'hard bop e del be bop, come Wes Montgomery, Sonny Rollins, John Coltrane, Art Blakey e Herbie Hancock.
Lavorò anche con Ornette Coleman, avvicinandosi così al free jazz.
Negli anni '70 Hubbard ha goduto di una certa notorietà, (con album come "Red Clay" o "First Light") rodato com'era con i grandi artisti, ma come una foglia spazzata dal vento, passò presto nel dimenticatoio.
In secondo piano rispetto a Miles Davis, forse perché più esecutore e meno sperimentatore, ha affinato uno stile morbido e generoso, che ritroviamo riassunto nell'eccellente "Blue Spirit".
Ho scelto "Blue Spirit" perché incarna l'anima dei suoi lavori più riusciti e riassume il suo stile, francamente riconoscibile, macchiettato amabilmente da chiazze soul, con improvvisazioni coriacee, ma mai sopra le righe. La traccia che da il nome all'album è epica, profonda, e l'armonia dettata dal clarinetto è quanto di più struggente e malinconico che una melodia possa dettare.
Di questo pezzo mi affascina particolarmente la struttura, come il tema è condotto, i pianismi periferici.
"Outer Forces" ricorda con pienezza le atmosfere che Cick Corea sfiorò in "Sing - Sobs" e l'atmosfera piacevolissima alla "Birth of the Cool" di Davis.
Più "stradale", ma altrettanto significativa "Jodo", imprintig e ritmica pienamente old school, una vera meraviglia.
"True Colors" è un pezzo "parlante" di cui è difficile non innamorarsi. Mi piace questo suo modo soffice e così ben strutturato, i pezzi hanno tutti un costrutto così chiaro e piacevolmente ordinato.
Il suono è sempre così controllato, contenuto, appare rilassato e distante, ma è magicamente pieno di espressività.
Grande Freddie.
Un artista che ci ha lasciati in silenzio, poco prima del 2009, senza troppi clamori od omaggi,
come per esempio raccolte che riassumessero i suoi numerosi lavori (più di cento incisioni da studio), miseri trafiletti sui quotidiani on-line e poco rispetto da parte delle major.
Mia gran pena essere il primo ad accennarne qualcosa su un sito che già da molto tempo avrebbe dovuto (potuto) omaggiarlo tramite i suoi utenti troppo dediti ad esaltare chi già è esaltato e descrivere chi già è pluridescritto o a citare chi è pluricitato. A volte, le cosiddette seconde linee, meritano un briciolo di attenzione per quello che han saputo lasciare, seppure da spalle o da assolvi compito.
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