Destini.

E’ il 1955 a Monaco. Alfred Cortot, principe dei ladri, signore dei rubati, ha già 78 anni e le sue dita non sono più agili come un tempo, ma la gente è accorsa lo stesso ad ascoltare i “suoi” Preludi.

E’ il 1838, Chopin è a Valldemossa, sull’isola di Maiorca. Ha seguito la sua Aurore, in cerca di sole per curare la sua tosse. La tosse non è guarita ma Fred ha terminato la composizione dei “Preludi” a cui lavorava da almeno tre anni.

“I Preludi” (Op. 28), sono fragili bozzetti, splendide miniature, uno per ogni chiave, ordinati secondo le tonalità maggiori e le relative minori. Nessuno più breve di 13 battute, nessuno superiore alle 89.

Preludi che non preludono a nulla. Deliranti intuizioni musicali.

Cortot li conosce bene, li ha suonati tante volte ed ogni volta - ogni volta - in modo diverso. Perché Cortot non interpreta Chopin: lo reinventa. La sua è un’“imperfezione” che lo porta a “perdere qualche nota fra le dita” ma con una, naturale, sovrumana sensibilità ed un controllo assoluto delle variazioni di intensità del tocco.

Alfred che fu pianista per caso. Il padre lo volle musicista nonostante egli non mostrasse nessuna propensione per la musica. Ma studiò con Decombes che era stato allievo di Chopin (ecco come Frédéric entrò nella sua vita).

Alfred che fu concertista per colpa di Wagner. Perché Alfred non vuole essere un pianista ma un direttore, direttore wagneriano, e nel 1902 ci riesce pure. Presenta, per la prima volta a Parigi, il “Crepuscolo degli Dei” ma l'impresa è economicamente disastrosa, e Cortot, che se ne era assunta la responsabilità, si trova carico di debiti.

E’ l’inizio di una straordinaria carriera di concertista.

E’ il 1905 e Cortot, con Thibaud e Casals, forma uno dei trii più acclamati d’Europa.

E’ il 1839. Aurore ormai odia Valldemossa. Aveva, ancora una volta, sperato di dimenticare de Musset (il suo vero grande amore) tra le braccia di quel giovane pianista, il suo nuovo amante. Ma Fred si era aggrappato a lei con le sue nevrosi e la sua salute cagionevole ed Aurore era tornata ad essere George, che fuma il sigaro e domina le discussioni. Mentre lei desidera solo braccia che le dicano “non ti preoccupare, ora riposa”, e che la stringano.

E’ il 1940, Alfred ha 63 anni. Da più di trent’anni è una delle figure principali della vita musicale francese. E’ considerato uno dei massimi pianisti viventi, ha insegnato al Conservatorio di Parigi e tra i suoi allievi ha avuto gente come Clara Haskil e Dinu Lipatti e Vlado Perlemuter. Le sue lezioni sono richiestissime, la gente accorre ai suoi concerti.

Ma a Parigi arrivano i Nazisti.

Lo confesso: io non amo Chopin. Lo amano in troppi e, quasi sempre, per i motivi sbagliati. E’ sempre così con i Romantici: l’inessenziale prevale, l’esteriorità nasconde il contenuto. Ascolto raramente le “Polonaises” nella versione “chirurgica” di Rubinstein, ormai prendono polvere anche i “Notturni”, sia suonati da Arrau che da Pollini. Stesso discorso per gli “Studi”.

Il mio Chopin è Cortot che suona i “Preludi”.

“La nostra arte ha di meraviglioso che essa ci consente di creare di nuovo una bellezza, se non morta, per lo meno assopita fra le linee del pentagramma”.

Quel concerto del 1955 verrà registrato e finirà su un disco edito nel 1983 da Movimento Musica. Disco – per quanto ne so - mai ristampato né su cd né su altro supporto.

Per quanto ne so, io ne posseggo l’unica copia (quanto mi piace crederlo!). Ecco perché in cima a questa recensione troneggia un’altra copertina. In fondo Cortot ha inciso innumerevoli versioni dei “Preludi”, tutte belle e tutte diverse.

Ma i miei “Preludi” sono in questo disco, in questa registrazione mono di un concerto del 1955. Qui i “Preludi” sono una straordinaria pagina di musica contemporanea, ad un ascolto disattento lo diresti un Satie perduto suonato da Petrucciani.

E’ il 1946 e a Cortot gliela hanno fatta pagare. “Persona non grata” in Francia: troppo vistoso il suo rapporto con il regime di Vichy, troppo ingombrante il suo nome e, poi, lui – in fondo – è pure svizzero.

Ma perché? Cosa aveva fatto? Lui aveva solo continuato a fare il musicista! A Parigi, in quei giorni, alle feste potevi incontrare Jean Cocteau e Sartre, Celine e André Gide. Invece, Simenon e Sasha Guitry li trovavi la sera al “Chabanais” o allo “Sphink” (i migliori bordelli della capitale). Edith Piaf e Maurice Chevalier si esibivano per le truppe occupanti. I tedeschi lasciarono in pace gli artisti, Picasso, Camus, Matisse, la de Beauvoir poterono continuare a lavorare indisturbati. Alfred salvò anche dei musicisti ebrei. Si, altri sparivano e altri morivano, c’era la Resistenza e si arrestavano i gay, ma lui che poteva fare? Aveva collaborato con l’ambasciatore tedesco Otto Alberz, ma Alberz era una persona colta e raffinata.

Una mattina i nazisti si erano presentati da Pablo Casals, nel paesino dove si nascondeva e faceva la fame. A lui, feroce antifranchista, avevano chiesto di suonare a Berlino; al suo rifiuto gli chiesero – almeno – di suonare qualcosa per loro. Il suo vecchio amico rifiutò ancora, pur temendo per la sua vita, ma i nazisti se ne andarono senza fargli nulla.

E Furtwängler? Cortot lo aveva incontrato a Berlino. Lui aveva suonato persino per il compleanno del Führer, sarà pure che non fece mai il saluto nazista e si rifiutò di stringere la mano a Goebbels, ma, a lui, nel 1949 offriranno la direzione della Chicago Symphony Orchestra (e poco conta se i musicisti ebrei si rifiuteranno di suonare con lui).

Cortot è “persona non grata”, non potrà suonare per un anno ed, in Francia, il suo nome sarà, a lungo, screditato.

E’ il 1839. Chopin è a Parigi. Ha pubblicato i “Preludi”. In pochi li hanno capiti: troppo diversi, indecifrabili, informi, brevi, iconoclasti. Schumann li definirà: "rovine e penne d'aquila".

Con George (dov’è ormai Aurore?) non va. Lui si scopre a ricordare ancora Costanza, lei lo cura ma è più un terzo figlio che un amante. Lui la segue ancora a Nohant ma odia l’ambiente che li circonda. Lei non sopporta il suo rapporto con sua figlia Solange. Lui è capriccioso e scostante.

Nel 1847 tornerà a Parigi. Morirà due anni dopo.

George scrive “Lucrezia Floriani”, il protagonista maschile, quel principe Karol, "esclusivo nei suoi sentimenti e nelle sue esigenze", forse è il suo Fred.

E’ il 19XX, un giovane studentello si aggira per negozi di dischi. Scioccherello e presuntuoso crede che la Musica sia Una e che la Bellezza sia una tavola imbandita. E lui vuole assaggiare tutto.

Solo dopo capirà che l’Arte non spiega la Vita, aiuta solo a sopportarla.

Cortot e Chopin sono lì che lo aspettano.

Destino.

E’ il 1838. Preludio n.8 in fa diesis minore. Fuori piove. E’ un temporale. Il motivo, complesso e agitato, è affidato alla mano destra. Tre elementi ritmici diversi. Aurore non torna, “lo sa che non voglio che vada in giro con questo tempo”. Il pollice suona dei trentaduesimi frammisti alle note melodiche. “Dov’è! Perché non torna!”.

“Fred! Oh Fred! Eccomi, mammina è tornata”.

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